domenica 6 ottobre 2019

Predicazione su Isaia 58,1-12 di domenica 6 ottobre 2019 a cura di Marco Gisola

Isaia 58,1-12
1 «Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba;
dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati.
2 Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie,
come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio;
mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio.
3 "Perché", dicono essi, "quando abbiamo digiunato, non ci hai visti?
Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?"
Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori.
4 Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni e colpite con pugno malvagio; oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto.
5 È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l'uomo si umilia?
Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere,
è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al SIGNORE?
6 Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità,
che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi che si spezzi ogni tipo di giogo?
7 Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?
8 Allora la tua luce spunterà come l'aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del SIGNORE sarà la tua retroguardia.
9 Allora chiamerai e il SIGNORE ti risponderà; griderai, ed egli dirà: "Eccomi!" Se tu togli di mezzo a te il giogo, il dito accusatore e il parlare con menzogna; 10 se tu supplisci ai bisogni dell'affamato, e sazi l'afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre, e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno; 11 il SIGNORE ti guiderà sempre,ti sazierà nei luoghi aridi, darà vigore alle tue ossa; tu sarai come un giardino ben annaffiato, come una sorgente la cui acqua non manca mai.12 I tuoi ricostruiranno sulle antiche rovine; tu rialzerai le fondamenta gettate da molte età e sarai chiamato il riparatore delle brecce,
il restauratore dei sentieri per rendere abitabile il paese.


Questo brano del profeta Isaia è uno dei molti brani biblici che ci presentano quale sia la volontà di Dio in modo chiaro e diretto, nudo e crudo.
1. La prima parte del capitolo è un deciso atto di accusa: Il popolo digiuna, il popolo cerca Dio, ma mentre digiuna litiga, fa i suoi affari, usa violenza, insomma si comporta in modo contrario alla volontà di Dio. E poi si lamenta perché Dio non apprezza il suo digiuno, perché Dio non lo ascolta.
E qui allora i casi sono due: o il popolo non ha capito nulla di Dio, oppure è decisamente ipocrita e quindi si fa beffe di Dio.
Potrebbe anche essere che il popolo, o alcuni del popolo, non abbiano capito Dio, sebbene Dio abbia detto ed espresso la sua volontà tante volte e in tanti modi. Ma è successo spesso, anche nella storia del Cristianesimo, che Dio sia stato frainteso, che sia stato scambiato per un Dio che bisogna placare o accontentare con qualche sacrificio o con qualche rito.
O peggio ancora che Dio sia stato scambiato con un Dio “commerciante”, che va comperato con qualche opera o rito particolare.
Se Dio è stato frainteso, se è stato scambiato per un Dio da placare o da comperare, allora questa predicazione di Isaia vuole rimettere le cose a posto, vuole far capire chi è Dio e che cosa egli vuole.
Se invece si tratta di pura ipocrisia, come in effetti è molto probabile, se cioè il popolo ha capito e sa che cosa Dio vuole da lui, e tuttavia fa il contrario di quello che Dio vuole, allora il brano è un duro atto di accusa.
Come ha detto qualcuno, forse tra il popolo c’è chi pensa che il digiuno possa essere una soluzione rapida per arrivare più facilmente a Dio. In fondo è più facile digiunare che sporcarsi le mani a fianco dei miseri. Quando la pratica religiosa ci porta lontano dalla società, dai suoi problemi e dalle sue ingiustizie, allora la religione è davvero, come diceva Marx, oppio dei popoli.
Se invece il culto ci porta dentro la società, se l’evangelo ci manda nel mezzo del mondo a realizzare la volontà di Dio, con gli altri e a fianco degli altri, allora il culto sarà gradito a Dio, sarà il motore che ci spinge a fare la sua volontà e sarà ciò che ci da la forza di tentare di farla.
Invece, nel caso di coloro a cui si rivolge Isaia, il culto è celebrato semplicemente per se stessi, per mettersi a posto la coscienza, davanti a sé e davanti agli altri, che magari dicono “Oh ma guarda quanto è religioso quel tale”, anche se poi quel tale truffa, inganna e sfrutta i poveri.
E infatti, la prima cosa di cui parla Dio nel suo atto di accusa sono i rapporti economici. La volontà di Dio si gioca anche nei rapporti economici perché i rapporti economici sono il primo campo in cui si vede se vi è giustizia o ingiustizia. Le più grandi ingiustizie accadono proprio nei rapporti economici che arricchiscono i pochi e lasciano nella miseria i molti.
Dunque, la giustizia: questa è la volontà di Dio per tutti gli esseri umani. E la giustizia dipende molto dall’economia e oggi nella nostra società complessa lo vediamo in modo molto chiaro. Ma era già così ai tempi dell’Antico Israele. Era così ai tempi di Isaia, era così ai tempi di Gesù ed è così anche oggi, solo moltiplicato per mille volte.
Se qualcuno non ha da mangiare o da vestirsi significa che la volontà di Dio non è fatta. E se qualcuno non ha da mangiare non è un caso e non è una disgrazia, ma è una colpa ed è questa colpa che Dio mette al centro del suo giudizio.


2. la seconda parte del brano parla del digiuno che Dio vuole, e qui parla sostanzialmente di liberazione: che si spezzino le catene, che si sciolgano i legami, che si lasciano liberi gli oppressi; e di condivisione: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra.
Liberazione e condivisione. Questa è la vocazione a cui Dio ci chiama ed è questo che ha fatto lui per primo, e che ha fatto anche in Gesù, che ha condiviso, donato addirittura, la sua vita per la nostra liberazione.
Gesù nel corso del suo ministero ha continuamente liberato: dalle malattie che impedivano agli esseri umani di avere una vita dignitosa, dai cosiddetti “demoni”, cioè da quelle forze che si impossessavano della volontà e della personalità altrui, una sorta di malattia mentale; dalla legge, o meglio non tanto dalla legge ma del legalismo moralista, che divideva le persone in giuste e sbagliate; dalla forza del peccato, offrendo a coloro che perdonava una nuova possibilità o la possibilità di una vita nuova. Infine persino dal potere della morte, che ha vinto nella resurrezione di Cristo.
E ha continuamente condiviso: la Parola di Dio, cioè la volontà del Padre; il pane e i pesci con gli affamati; il pane e il vino della comunione nell’ultima cena.
Liberazione e condivisione. Siamo al cuore della volontà di Dio. E dove c’è liberazione – e quindi libertà – e condivisione – ovvero nessuno ha troppo e nessuno troppo poco – lì c’è giustizia e la volontà di Dio è fatta.


3. E allora se questa è la volontà di Dio che bisogno c’è ancora di culto, di digiuno, di riti? Non è meglio gettarsi a capofitto nell’opera di condivisione e di liberazione e non badare più a nient’altro, per essere dei bravi cristiani?
Certo, se così facessimo saremmo dei bravissimi discepoli di Gesù, dei bravissimi cristiani! Ma venendo meno il culto, ci mancherebbero due cose essenziali: perché il culto è il luogo dove imparare sempre di nuovo quale sia la volontà di Dio, la sua volontà di liberazione e condivisione. Perché non lo si è mai imparato una volta per tutte, e se si pensa di averlo imparato allora si è completamente fuori strada Dio ha ancora sempre qualcosa da farci scoprire.
E ci mancherebbe il luogo in cui sentirci dire la cosa più importante, la sorgente di tutto ciò che possiamo fare e tentare: e cioè sentirci dire che Dio per primo ci ha liberati e ha condiviso con noi la sua misericordia e la sua volontà.
Tutto deriva da lì, tutto parte da lì. Senza questo gioioso annuncio, senza questo evangelo, non avremmo nulla da condividere e nessuno a cui portare liberazione.
Perché è l’evangelo che libera, è l’evangelo che ci chiama a condivisione. Ciò che Dio ha compiuto per noi e ciò che Dio chiede a noi, lo ascoltiamo e lo riceviamo nella predicazione dell’evangelo della grazia, che è l’evangelo della liberazione e della condivisione.
Il culto non è un mezzo per conquistarci il favore di Dio ma è un incontro nel quale Dio ci rivolge la sua Parola, dalla quale noi da un lato veniamo consolati e dall’altro impariamo quale sia la volontà di Dio.
Quindi certo al culto veniamo per noi perché riceviamo qualcosa di importante e di essenziale per la nostra vita. Ma principalmente veniamo perché Dio ci convoca proprio perché ha qualcosa da dirci. Dio ci convoca per annunciarci la sua grazia e allo stesso tempo perché vuole rivelarci la sua volontà o, detto in altre parole, vuole insegnarci a mettere in pratica la sua volontà di liberazione di condivisione.
Dio ci chiama a rendergli culto e ad ascoltare la sua parola, perché da un lato non si stanca di offrirci il suo perdono, nella sua grande misericordia; e non si stanca di spiegarci qual è il digiuno che gli gradisce, la pratica della liberazione e della condivisione.
Questo è il cuore e il centro del culto cristiano ed era ed è in fondo anche il centro del culto ebraico. Se il nostro culto non è questo, se ha altri obiettivi o secondi fini, allora esso sta sotto il giudizio che abbiamo sentito pronunciare da Isaia.
Se invece il nostro culto è questo, se è il tempo in cui veniamo a ascoltare la Parola del perdono e la Parola che ci invia a vivere liberazione e condivisione, allora questo culto è gradito a Dio perché tutta la nostra vita, e non solo un’ora alla settimana, sarà culto.
Sarà culto reso al Dio che in Gesù Cristo ha condiviso il suo amore con noi e che ci ha liberati dalla colpa e dalla paura e che ci manda ad annunciare a vivere la condivisione e la liberazione per portare nel mondo la sua giustizia.

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