domenica 7 marzo 2021

Predicazione di Domenica 7 marzo 2021 su Efesini 5,1-2 a cura di Marco Gisola

 Efesini 5,1-2

1 Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati; 2 e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio quale profumo di odore soave.


Chi siamo e chi dobbiamo essere? Partiamo da queste domande, la cui risposta troviamo nel primo versetto che abbiamo letto: «Siate dunque imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati». Chi siamo? Se tu o io dovessimo rispondere a questa domanda a partire da noi stessi, probabilmente noi proveremmo a fare l’elenco dei nostri pregi e dei nostri difetti, dei nostri sogni e dei nostri dolori, dei nostri desideri e delle nostre paure.

Questo sarebbe il nostro punto di vista. Ma l’autore della lettera agli Efesini ci offre il punto di vista di Dio, non il nostro. E ci dice che siamo figli amati. Questo siamo, siamo figli e figlie di Dio e siamo figli amati e figlie amate da Dio. Figlio e figlia indica che c’è una relazione molto stretta, una relazione – nella visione biblica – non paritaria, una relazione creata da una sola delle parti, cioè ovviamente quella del padre, Dio, che genera il figlio e la figlia, che quindi genera anche la relazione.

Paolo nella lettera ai romani ha parlato di adozione, che mi sembra una bellissima immagine, perché ci dice che non siamo figli di Dio per natura, men che meno per merito, ma per grazia, cioè per libera decisione di Dio, in Cristo, come è una decisione quella di una coppia che decide di adottare un bambino/a. Attraverso Gesù, suo figlio, Dio ci ha liberamente adottati, ha reso noi suoi figli e figlie adottivi.

E poi «amati», perché è l’amore di Dio che ci rende suoi figli e figlie e che ci mantiene in questa relazione. Dio non solo crea questa relazione, ma la mantiene, nonostante noi spesso sembriamo lavorare contro questa relazione e tendiamo a romperla. Dio invece la mantiene, per amore. Questo è quello che siamo per Dio: figli amati e figlie amate.

E chi dobbiamo essere? «Siate imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati...». Poiché siete figli, siate imitatori e imitatrici. È una conseguenza: dato che siete figli, imitate vostro padre. Gli studiosi discutono se qui con Dio si intenda Dio padre o Gesù, e ovviamente sarebbe bello sapere che cosa intendeva l’apostolo quando lo ha scritto, ma per la nostra fede non è così rilevante, perché Dio padre si è rivelato nella persona di Gesù e – da cristiani – conosciamo il padre solo attraverso e grazie al figlio. L’espressione “imitare Dio” è rara nella Bibbia, sia che si tratti del Padre, sia che si tratti di Gesù. È più comune esprimere questa idea con altri modi di dire e con altri verbi: obbedire, oppure seguire: Gesù ha chiamato i suoi discepoli a seguirlo non a imitarlo.

Ma un verbo non esclude l’altro, anzi ogni verbo esprime la ricchezza della Scrittura. Imitare è un verbo molto impegnativo; significa che l’esempio che mi è dato da imitare e da cercare di seguire è Dio stesso, come si è rivelato in Gesù. Nulla di meno.

E che cosa devo imitare di Gesù? Ma ancora prima: è possibile imitare Gesù? Non so parlare come lui, non so fare miracoli, non so scacciare demoni o camminare sulle acque… Ma ovviamente non è questo che ci è chiesto. E che cosa ci è chiesto? In questo ci viene in soccorso il secondo versetto che abbiamo letto: «e camminate nell’amore come anche Cristo vi ha amati e ha dato se stesso per noi…»

Ciò in cui siamo chiamati ad imitare Dio è l’amore: «Camminate nell’amore». E qui l’apostolo non solo menziona esplicitamente Cristo ponendolo come esempio di amore e modello da imitare, ma ci dice chiaramente anche come intendere e come vivere questo amore.

Come ho già detto altre volte, nella Bibbia l’amore non è tanto un sentimento, l’amore è soprattutto concretezza, è azione, al punto che, come abbiamo detto due domeniche fa, per mostrare concretamente che cosa significhi amare, Gesù si è chinato ai piedi dei suoi discepoli per lavarli loro; non lo ha soltanto detto ai suoi discepoli che li amava, lo ha fatto, ha fatto qualcosa per loro e a loro, come gesto di amore e come insegnamento ad amare concretamente. E qui l’apostolo cita la cosa più grande che Gesù ha fatto per tutti e tutte noi: «ha dato se stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio». “Ha dato”, “per noi”. Dare, donare, in questo consiste l’amore, o almeno questo è uno degli aspetti prevalenti in cui l’amore si manifesta.

Perché l’amore non va soltanto “provato” come si usa dire, ma va manifestato. E il dono è l’atto in cui meglio di ogni altra cosa l’amore viene manifestato. Gesù ha dato se stesso per noi, sulla croce, quindi con la sua morte. Donare se stessi, donare la propria vita, è il supremo atto d’amore, supremo perché è ultimo e unico, perché ovviamente può accadere una sola volta.

È un evento molto raro, ma a volte accade; è accaduto che qualcuno abbia donato la sua vita per la vita di qualcun altro, che abbia rischiato e perso la sua vita per salvare la vita di qualcun altro. È successo durante le dittature fascista e nazista che qualcuno abbia rischiato – e a volte - la vita per nascondere degli ebrei o per farli fuggire, ed è successo in altri casi.

Ma alla maggioranza di noi, grazie a Dio, non accade mai nel corso della nostra vita, che ci sia chiesto così tanto. Gesù ha donato tutto di sé, ha donato la sua vita. Questo suo dono è l’orizzonte al quale deve guardare il nostro donarci, orizzonte che si raggiunge solo in situazioni estreme e speriamo e preghiamo di non doverlo raggiungerlo, speriamo e preghiamo che non ci sia bisogno di donare tutto.

Invece di donare qualcosa della nostra vita ci è chiesto sempre, ogni giorno, per amare imitando Gesù, per vivere l’amore come dono di sé.

L’espressione “donare la vita” ci aiuta a non cadere in un equivoco: quando parliamo di donare a volte pensiamo al dono di qualcosa, di qualcosa di nostro. Il che può avere un grandissimo valore, materiale e anche spirituale, perché è condivisione e la condivisione dei beni è una pratica molto cristiana. Anche la nostra chiesa vive e va avanti grazie alla condivisione e al dono, molto materiale, del “vile denaro” che sono le nostre offerte e contribuzioni. Questo dono quindi non è affatto trascurabile, anzi…!

La Parola di Dio ci chiede sicuramente questo, ma ci chiede anche un altro dono, che non è per la chiesa ma è per il prossimo, per il mondo in cui viviamo, che non è dono di qualcosa di nostro, ma dono di qualcosa di noi.

A fare degli esempi qui si rischia di cadere nel moralismo o nella casistica… quindi non ne faccio, ma dico solo una cosa molto più banale: pensate a quando vi è successo – perché sicuramente vi è successo – di ricevere una telefonata o una visita che vi ha fatto molto piacere, che vi ha dato gioia.

Oppure pensate a quando vi è successo di fare una telefonata o una visita che ha dato gioia a qualcuno e lo avete capito dal tono di voce con cui ha risposto alla telefonata o dal sorriso con cui vi ha aperto la porta di casa.

E quando è che siete stati più contenti di ricevere una visita o una telefonata? Quando non ve l’aspettavate. Quella è una piccola - ma grande – esperienza di dono. Tempo, presenza, ascolto, vicinanza, compagnia, affetto… tutte cose peraltro che ora non si possono fare o si possono fare da lontano (la visita no, ma la telefonata sì…).

Tutto ciò che non è dovuto, ma è donato, tutto ciò che è gratuito e quindi è dono, è imitazione del dono che Cristo ha fatto a noi di se stesso, della propria vita. Pensiamo al ruolo che il volontariato ha avuto e ha nella difficile situazione della pandemia, al ruolo che ha per l’accoglienza dei migranti, per la cura dei senzatetto… viviamo in un paese in cui spesso accade che dove lo Stato – purtroppo – non arriva, arriva il volontariato, il dono.

Chi siamo e chi dobbiamo essere? «Siate … imitatori di Dio, perché siete figli da lui amati». Siete dunque siate. Siete amati, dunque amate. Siete perdonati, dunque perdonate. Siete riconciliati, dunque lavorate per la riconciliazione. Siete stati riscattati, dunque vostro obiettivo sia il riscatto di chi è sottomesso. Siete stati liberati, dunque la libertà di tutti sia in cima ai vostri propositi. Siete stati destinatari dell’immenso dono di grazia di Dio che ha dato il suo figlio per voi, dunque donate voi stessi.

Questo è ciò che viene a dirci oggi la Parola di Dio: siete dunque siate. Il “siete”, siete figli amati, è tutto opera di Dio che ci ha resi figli e non ci abbandona. Il “siate” è nelle nostre mani, è nostra responsabilità, nostra vocazione.

Il Signore ci aiuti ad essere ciò che siamo, per sua sola grazia.

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