domenica 16 gennaio 2022

Predicazione di domenica 16 gennaio 2022 su 1 Corinzi 2,1-5 a cura di Marco Gisola

  1 Corinzi 2,1-5

E io, fratelli, quando venni da voi, non venni ad annunciarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza; poiché mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore; la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.



Che cosa sappiamo di Dio? E come facciamo a sapere qualcosa di Dio? Queste sono le domande – e che domande! – a cui Paolo risponde in queste parole che scrive ai cristiani di Corinto.

Sapere! Sapere è una delle cose che più determina la vita dell’essere umano. L’essere umano è curioso per natura, vuole andare oltre quello che già sa per sapere, per scoprire sempre di più.

Questa curiosità ha portato molto bene e molto male all’umanità: ha permesso lo sviluppo della scienza e della tecnologia – basta pensare alla medicina e alla chirurgia - e ha portato anche alla costruzione di armi sempre più sofisticate e più distruttive.

Questo desiderio di sapere ha portato l’essere umano anche a interrogarsi sul senso della vita, sulla propria origine e sul proprio destino e lo ha portato anche a interrogarsi su Dio.

La fede cristiana e la fede ebraica, dentro la quale quella cristiana è nata, sono concordi nell’affermare che noi conosciamo di Dio solo quello che Dio ci fa sapere. Sappiamo di Dio solo ciò che Dio ci rivela di sé. Altro – con le nostre forze, la nostra intelligenza, il nostro studio – non possiamo sapere.

Questo è ciò che dice anche Paolo in questo brano. Paolo era un uomo colto e di certo non disprezzava la cultura, lui che viveva in due culture, perché è nato in quella ebraica, ed è cresciuto in quella ebraica e anche in quella greca.

Paolo dice che per arrivare a Dio la nostra sapienza, la sapienza umana, non serve a nulla. Zero. Ci serve un’altra sapienza, che però non possiamo ottenere da noi stessi, per cui non servono intelligenza, non servono i libri e neanche tutta la nostra tecnologia moderna.

Ciò che possiamo sapere, e ciò che ci serve sapere di Dio e su Dio, ci può solo essere dato, ci può solo essere detto da Dio stesso; questo è il significato del verbo “rivelare”.

Ma Paolo qui va oltre: in estrema sintesi dice che una cosa sola ci è necessario sapere, abbiamo bisogno di conoscere una cosa sola: ovvero che Gesù di Nazareth, il Cristo, il messia d’Israele, è stato crocifisso per noi: “mi proposi di non sapere altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso”.

Non c’è altro da sapere. O meglio, c’è moltissimo altro da sapere, a partire dalla conoscenza della Bibbia, della teologia, da ciò che hanno detto, fatto e scritto i cristiani in venti secoli di storia.

La nostra chiesa ha un giornale, diverse riviste, la nostra facoltà ha una biblioteca di decine di migliaia di libri, le nostre chiese organizzano continuamente momenti di dibattito e di riflessione.

Il desiderio di sapere e di conoscere è non solo umano, ma vitale, per imparare sempre qualcosa di nuovo. La conoscenza aiuta la nostra fede e la nostra vita, il dibattito fa crescere. Ma la sapienza umana non aggiunge nulla alla fede. È bello e utile sapere sempre qualcosa di più, ma chi sa di più non crede di più, né meglio degli altri.

Per credere basta sapere quello che dice qui Paolo, basta conoscere il cuore dell’evangelo: Gesù Cristo è morto per noi, Gesù Cristo è morto per te. Se sai questo, sai tutto ciò che ti serve sapere per la tua salvezza, e dunque per vivere nella riconoscenza e nella speranza.

Vi avrò già raccontato ciò che mi raccontò molti anni fa un fratello di una delle nostre chiese di suo padre, un contadino siciliano, un bracciante, che divenne evangelico in una delle nostre chiese. Questo uomo era analfabeta, ma ogni mattina prima di andare nei campi pregava, pensando di non essere visto dai suoi figli.

Era analfabeta, non sapeva leggere, ma sapeva parlare con Dio, perché sapeva l’essenziale; questa era la sua sapienza. Il figlio – che non c’è più da alcuni anni – studiò, diventò infermiere, sindacalista e predicatore locale.

La sua sapienza umana gli servì come riscatto sociale e come occasione di servire il prossimo e la sua chiesa. Ma suo padre analfabeta era stato per lui un maestro, perchè sapeva l’essenziale per credere e per parlare con Dio.

Cosa significa sapere l’essenziale, conoscere Gesù Cristo e lui crocifisso? La croce ci trasmette una duplice sapienza, ci dice cioè chiaramente due cose, che devono stare insieme: la croce ci dice il nostro peccato e ci dice la misericordia di Dio.

La croce rappresenta da un lato una condanna, una condanna a morte. Gesù muore, condannato a morte, a una terribile morte, da noi esseri umani. Gesù muore innocente, condannato a morte da noi colpevoli. La croce è il segno molto concreto della nostra colpa, del nostro rifiuto di Dio e del suo figlio che Dio ha mandato per noi.

Non possiamo evitare, “bypassare” questo significato della croce. La croce ci fa vedere prima di tutto la nostra colpa. Se non ci fosse la nostra colpa, Gesù non sarebbe morto sulla croce.

E poi ci dice la misericordia di Dio. La morte di Gesù è condanna, ma è anche dono; è colpa (nostra), ma è anche perdono (nostro, da parte e per grazia di Dio).

La croce tiene insieme queste due cose, che sono inseparabili. In Cristo non c’è perdono senza colpa e non c’è colpa senza perdono. A chi riconosce la propria colpa, essa è perdonata.

A chi si specchia nella croce, che ci dice chi siamo, in quello specchio vede nel volto di Cristo la propria colpa, ma vede anche il suo nuovo volto, il volto di chi ha incontrato la grazia di Dio. La croce ci mostra la nostra miseria, la miseria della nostra colpa, per farci scoprire, anzi facendoci scoprire, contemporaneamente, la meraviglia del perdono.

Questo Paolo è andato a predicare a Corinto, un messaggio che nel capitolo precedente aveva appena definito “la pazzia della predicazione”.

Annunciare il Cristo crocifisso, ovvero il messia messo a morte anziché un messia dominatore e trionfante, era un messaggio folle. Paolo.

Sempre pochi versetti prima ha scritto “noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo e per gli stranieri pazzia”

Un messaggio apparentemente folle e debole come può esserlo una croce e un messaggero altrettanto debole: Io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore”, dice Paolo.

La forza non sta nel messaggero, ma nello Spirito di Dio che vuole mostrare la sua potenza attraverso la debolezza apparente del messaggio, dell’evangelo della croce, e la debolezza reale del messaggero: “la mia parola e la mia predicazione non consistettero in discorsi persuasivi di sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza”.

Quale dimostrazione di Spirito e di potenza avrà dato Paolo ai Corinzi? La prima dimostrazione di potenza che l’annuncio dell’evangelo ci dà è la nascita della fede, che non nasce dalla bravura o dalla forza del predicatore, dalla sua abilità a parlare, ma solo ed esclusivamente dall’azione dello Spirito.

Con debolezza, con timore e tremore Paolo è andato a predicare a Corinto, “affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”.

La potenza di Dio che si è rivelata nella croce, perché fin qui, fino alla croce di Gesù è arrivato l’amore di Dio per noi.

La potenza di Dio che non si impone, ma si mette nelle mani degli esseri umani. Che non costringe, ma vuole convincere e convertire. Che non domina, ma serve. Che non urla, ma annuncia, racconta, testimonia, che vuole passare attraverso la voce e la vita di donne e uomini deboli, che hanno timore e tremore a parlare di Dio, pieni di contraddizioni, pieni di dubbi e di domande.

Che però una cosa la sanno, una cosa sola: Gesù Cristo e lui crocifisso, la nostra colpa che Gesù ha preso su di sé e il nostro perdono che Dio, nella croce di Cristo, ha abbondantemente riversato su di noi per pura grazia.

Per andare nel mondo a testimoniare l’amore di Dio, per vivere nella fiducia, per operare nella speranza, per provare a costruire relazioni umane autentiche e relazioni sociali libere e giuste, ci basta sapere questa cosa sola: Gesù Cristo e lui crocifisso, per noi, per te, per l’umanità.

Questa cosa sola, che lo Spirito ci ricorda e ci ripete ogni volta che apriamo la sua Parola.

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