giovedì 3 febbraio 2022

Predicazione di domenica 30 gennaio 2022 su Esodo 34,29-35 a cura di Marco Gisola

 Esodo 34,29-35

29 Poi Mosè scese dal monte Sinai. Egli aveva in mano le due tavole della testimonianza quando scese dal monte. Mosè non sapeva che la pelle del suo viso era diventata tutta raggiante mentre egli parlava con il SIGNORE. 30 Aaronne e tutti i figli d’Israele guardarono Mosè, e videro che la pelle del suo viso era tutta raggiante. Perciò ebbero paura di avvicinarsi a lui. 31 Ma Mosè li chiamò, e Aaronne e tutti i capi della comunità tornarono a lui, e Mosè parlò loro. 32 Dopo questo, tutti i figli d’Israele si avvicinarono, ed egli impose loro tutto quello che il SIGNORE gli aveva detto sul monte Sinai. 33 Quando Mosè ebbe finito di parlare con loro, si mise un velo sulla faccia. 34 Ma quando Mosè entrava alla presenza del SIGNORE per parlare con lui, si toglieva il velo, finché non tornava fuori; poi tornava fuori e diceva ai figli d’Israele quello che gli era stato comandato. 35 I figli d’Israele, guardando la faccia di Mosè, vedevano la sua pelle tutta raggiante; Mosè si rimetteva il velo sulla faccia, finché non entrava a parlare con il SIGNORE.


Il volto di Mosè è splendente quando scende dal monte Sinai con le nuove tavole della legge. Questo evento strano ed eccezionale avviene la seconda volta che Mosè scende dal monte Sinai: la prima volta che era sceso con le tavole della legge aveva trovato il popolo che ballava intorno al vitello d’oro e dalla rabbia aveva spezzato le prime tavole della legge che Dio gli aveva date sul Sinai. Un gesto che era stato molto di più che un gesto impulsivo, ma il segno che con la costruzione del vitello d’oro Israele aveva rotto il patto con Dio; e dunque anche le tavole della legge, che rappresentavano il patto tra Dio e Israele, dovevano in qualche modo essere rotte.

Mosè aveva poi chiesto a Dio di perdonare il popolo, e aveva intavolato una specie di trattativa con Dio, il quale voleva lasciar perdere il popolo e ricominciare da capo soltanto con Mosè. Ma Mosè riesce a convincerlo e Dio lo fa risalire sul monte, dove “passa” davanti a Mosè in un gesto di rivelazione unica e straordinaria. E poi Dio stesso riscrive le tavole della legge, identiche alle prime due, e riferisce a Mosè una serie di altri insegnamenti. Ed ecco che Mosè ora scende da questo secondo incontro con Dio; questa volta però c’è una novità: il suo volto è diventato splendente, raggiante, un segno del fatto che ha incontrato Dio, potremmo dire un riflesso della gloria di Dio.

Però lui non lo sa, non se ne rende conto e se ne accorge solo quando torna in mezzo al popolo. Questa volta il popolo è rimasto fedelmente ad aspettarlo e quando vede il volto splendente di Mosè ha paura e fugge lontano da Mosè; e ne ha tutte le ragioni, perché non sa che cosa sia successo. Mosè però li richiama e il popolo si avvicina a lui e si tranquillizza e ascolta quello che Mosè ha da dire.

Come interpretare questo fatto? Questo volto di Mosè che è stato trasfigurato – se vogliamo usare questo verbo – dal suo incontro con Dio?

Il fatto che Mosè non se fosse nemmeno accorto, mi fa pensare che questo miracolo Dio lo faccia non tanto per Mosè, quanto per il popolo, per dare un segno al popolo, che lo aveva tradito. Per la storia del vitello d’oro, Dio si era molto arrabbiato con il popolo, aveva praticamente deciso di abbandonarlo, di lasciarlo andare al suo destino. Se leggiamo il cap. 32 sembra proprio che la pazienza di Dio sia finita. Ma questa storia che ci viene raccontata qui è proprio un segno di ciò che dice il salmo 30 (v. 5): “Poiché l’ira sua è solo per un momento, ma la sua benevolenza è per tutta una vita”.

La prima volta che Mosè era sceso dal Sinai il suo volto non era splendente – casomai era “nero” per la rabbia, perché Dio, sul monte, gli aveva già detto del tradimento del popolo! E ora è quasi come se questa seconda volta, passata la giusta ira per l’infedeltà di Israele, Dio voglia dare al popolo un ulteriore segno, come se Dio volesse dare al popolo un segno in più perché il popolo abbia fiducia in lui.

Il volto splendente di Mosè è per il popolo un segno della gloria di Dio, che Mosè ha visto passare sul monte, e che ha reso il suo volto raggiante, e un segno della grazia di Dio, che ha deciso di non abbandonare Israele, come aveva pensato per un momento, ma invece di continuare il cammino con lui verso la terra di Canaan. È un segno per dire al popolo che può ascoltare con fiducia le parole di Dio che Mosè gli riferirà e che potrà poi con speranza riprendere il cammino verso la terra di Canaan.

Ma questi versetti non ci parlano solo del momento in cui Mosè scende dal monte con il volto splendente. Ci viene detto che il volto di Mosè continua a splendere anche dopo, non sappiamo per quanto tempo – perché di questo volto splendente di Mosè non si parlerà più nel libro dell’Esodo – ma di sicuro per un certo tempo.



Il brano ci racconta infatti che dopo l’incontro sul monte Sinai, Mosè continua a parlare con Dio e questo dialogo avviene in un posto preciso, che è la cosiddetta tenda dell’incontro. Mosè ha questo privilegio di parlare con Dio a tu per tu e questo avviene nella tenda dell’incontro.

La cosa curiosa che ci narra questo racconto è che il volto di Mosè continua a splendere e che Mosè si copre il volto con un velo, ma lo toglie quando parla con Dio e quando parla con il popolo. Il popolo quindi può guardare senza problemi il suo volto splendente, si era spaventato la prima volta ma poi la paura era passata. Mosè sta dunque a volto scoperto quando ascolta la parola di Dio e quando la comunica al popolo. Si copre invece il volto quando non fa da mediatore tra Dio e il popolo. Quando fa altro, quel volto splendente va coperto; quando ciò che Mosè dice e fa non ha a che fare con la parola di Dio, deve coprirsi il volto.

Perché mai Mosè si copre il volto quando non parla con Dio e non parla al popolo? Il racconto non ci spiega la ragione, e quindi possiamo solo fare delle ipotesi. Quando Mosè non svolge il suo compito di mediatore tra Dio e il popolo, o di annunciatore della Parola di Dio, deve coprirsi, forse perché quando non svolge questo compito è uno come tutti gli altri. La gloria di Dio deve vedersi sul suo volto soltanto quando parla in nome di Dio, non quando parla o agisce in nome suo. Perché è la gloria di Dio, non di Mosè.

Il suo volto splende, e questo è una sorta di miracolo o di dono di Dio perché sia chiaro a tutto il popolo che ciò che Mosè dice non è farina del suo sacco, ma è Parola di Dio, non sono i suoi pensieri ma è la volontà di Dio. Quando Mosè invece esprime opinioni sue o il suo pensiero, allora la gloria di Dio non c’entra nulla e deve coprirla, deve nasconderla.

Mosè porta su di sé, sul suo volto, questo segno della presenza e della gloria di Dio e potrebbe essere tentato di abusarne, di trasformarlo in uno strumento di potere sul popolo e non di servizio al popolo. Potrebbe essere tentato di far passare la sua volontà per volontà di Dio e di usare il suo volto splendente per far credere agli altri quello che vuole.

Ma Mosè non lo fa, è fedele, e per distinguere chiaramente quando parla in nome di Dio e quando invece parla in nome suo, si vela o si svela il volto, perché sia chiaro che solo dopo che ha incontrato Dio nella tenda parla in nome suo (di Dio) – e allora mostra il suo volto raggiante.

Altrimenti lo copre e quando ha il volto coperto è chiaro che ciò che Mosè fa e dice è decisione sua e non di Dio. Questa mi sembra una possibile spiegazione di questo stranissimo fenomeno, che è narrato solo di Mosè e solo qui, in questo breve racconto.

E per concludere torno su ciò che ho già accennato poco fa: solo dopo che ha ascoltato la Parola di Dio, solo dopo che lo ha incontrato nella tenda dell’incontro, Mosè è autorizzato a parlare in nome di Dio. Mosè è sempre Mosè, il suo volto è sempre raggiante, ma non parla sempre in nome di Dio, non dice sempre la volontà di Dio.

Parla in nome di Dio solo dopo averlo ascoltato. Certo lui – rispetto a noi – aveva il grosso privilegio di parlare con Dio a tu per tu! Vorremmo averla noi una tenda dell’incontro dove Dio viene a parlarci e a dirci esattamente che cosa fare e che cosa dire agli altri!

Ma se persino Mosè parlava solo dopo aver ascoltato, a maggior ragione questo vale per noi, che Dio lo ascoltiamo attraverso la Scrittura, che – se possiamo dire così – è la nostra tenda dell’incontro. Dio ci incontra qui, nella Bibbia; quando apriamo la Bibbia è come se entrassimo nella tenda dell’incontro per ascoltare quello che Dio ha da dirci.

E allora anche il nostro volto – di noi che entriamo in questa tenda dell’incontro e ascoltiamo la Parola di Dio – anche il nostro volto può diventare raggiante.

Senza osare nemmeno lontanamente paragonarci a Mosè, anche il nostro volto può diventare raggiante, perché raggiante è il volto di chi ascolta la parola di Dio, di chi viene raggiunto dalla sua gloria, la gloria di Dio che si adira per il nostro peccato, ma solo per un momento, e poi – come ha riscritto le tavole della legge - si mette pazientemente a riscrivere per noi le parole della grazia, della speranza e della gioia.

E con quelle parole, anzi con quella Parola, riprende con noi il cammino della vita che ora è illuminato dalla sua grazia.





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