lunedì 28 febbraio 2022

Predicazione di domenica 27 febbraio 2022 su Ebrei 4,12-13 a cura di Marco Gisola

Ebrei 4,12-13

Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto.

Siamo ancora nel mese in cui cade la festa del 17 febbraio festa della libertà, della libertà civile innanzitutto, perché la libertà che le lettere patenti di Carlo Alberto concessero ai valdesi nel 1848 era soltanto libertà civile e non di culto. Ma il 17 febbraio ringraziamo il Signore anche perché – benché non fosse loro concesso – i valdesi hanno potuto senza troppe ostilità da parte delle autorità politiche iniziare la loro opera di predicazione dell’evangelo in tutta Italia.

Il testo di oggi - che è in realtà quello di domenica scorsa - non parla di libertà, bensì di giudizio. E allora la domanda che possiamo farci è: c’entra qualcosa la nostra libertà con il giudizio di Dio, così come ci è descritto qui? Il testo di Ebrei a prima vista sembra un po’ inquietante, innanzitutto perché paragona la Parola di Dio a un’arma (e proprio in questi giorni che vorremmo che le armi in Ucraina tacessero!).

Anche se forse, vista la descrizione che fa il testo di ciò che questa spada compie - entrare dentro di noi e dividere l’anima dallo spirito, le giunture delle midolla – più che una spada sembra essere un bisturi che compie un’operazione chirurgica. Sta di fatto che – come chi subisce un intervento chirurgico è nudo davanti al chirurgo – così noi siamo nudi davanti a Dio, ovvero non possiamo nasconderci e non possiamo nascondergli nulla, perché a lui tutto è visibile e a lui dobbiamo rendere conto.

C’entra qualcosa questo discorso con la libertà? Non c’entra con la libertà civile, con i diritti, con la cittadinanza. No, con questo non c’entra e in fondo non c’entra nemmeno direttamente con la libertà di predicare e di annunciare l’evangelo. C’entra però, almeno secondo me, con un altro tipo di libertà, una libertà che potremmo chiamare spirituale, esistenziale.

Innanzitutto non dobbiamo confondere il giudizio con la condanna. Qui giudizio non significa condanna, il giudizio è l’azione di Dio di vederci e di scrutarci, il fatto che Dio ci vede e ci conosce persino meglio di quanto e come noi stessi ci conosciamo o crediamo di conoscerci. Perché noi crediamo di conoscerci. Riguardo a questo apro una breve parentesi: quando facevo le scuole medie l’ insegnante di italiano ci fece leggere un famoso romanzo di Pirandello, “Uno nessuno e centomila”.

La storia inizia con una scena in cui il protagonista si guarda allo specchio e mentre lui fa questo la moglie gli chiede se si stia guardando il suo naso, che è un po’ storto. Ma come storto? chiede il marito, io non ho il naso storto. E invece sì, gli dice la moglie, lo vedono tutti che hai il naso storto. E da questo episodio, quest’uomo comincia una riflessione su se stesso; capisce che gli altri lo vedono in un modo diverso da come lui stesso si vede, e ovviamente non solo il suo naso, non solo fisicamente, ma come persona, come carattere, come atteggiamenti.

Lui pensava di essere uno, cioè uno uguale per tutti, e invece si accorge di essere tante persone diverse (usa il numero centomila), tante quante sono le persone che lo osservano, e quindi cade nella crisi di non essere in fondo nessuno; da qui il titolo “Uno nessuno e centomila”.

Cosa c’entra questo col testo biblico di oggi? L’accostamento sta nel fatto che, proprio come il protagonista di questo romanzo, anche noi non siamo quello che pensiamo di essere, non siamo come ci vediamo. Solo Dio ci vede come siamo, perché Dio entra dentro di noi attraverso la sua parola. La Parola di Dio non è una parola che si ascolta soltanto, non raggiunge soltanto le nostre orecchie e la nostra mente, non è soltanto una parola che fa riflettere o emoziona.

Secondo questa immagine, la Parola di Dio entra dentro di noi. Questa immagine della Parola di Dio che entra in noi ci vuole dire che Dio scruta, osserva la nostra vita e osserva anche ciò che non vorremmo fargli vedere, ciò che forse non vorremmo fare vedere a nessuno. Che forse vorremmo nascondere persino a noi stessi. Se ogni persona che conosciamo e ci incontra ha uno sguardo parziale di noi, la Bibbia ci dice in fondo che anche noi stessi abbiamo uno sguardo solo parziale su di noi, pensiamo di conoscerci, pensiamo di essere coerenti e più o meno gli stessi davanti a tutte le persone che incontriamo, ma non è così.



Lo dice la psicologia, lo sapeva Pirandello e prima di lui lo sapeva la Bibbia: l’immagine della nudità è molto esplicita: come ognuno si veste per coprire il suo corpo, così ognuno di noi indossa una maschera per presentarsi in un certo modo, anzi centomila maschere per centomila persone davanti a cui dobbiamo andare. Solo davanti a Dio siamo nudi, solo davanti a Dio non abbiamo maschere.

L’immagine della nudità fa pensare a due cose: a un’immagine biblica, quella di Adamo e Eva che sono nudi nell’Eden e se ne vergognano soltanto dopo la disobbedienza. Prima erano nudi e stavano bene, sia l’uno davanti all’altra sia davanti a Dio. Dopo non stanno più bene, si vergognano perché hanno qualcosa da nascondere, che non è tanto il loro corpo, ma è ciò che hanno fatto.

L’altra immagine è quella dei bambini piccoli. I bambini piccoli in genere non hanno problemi a stare nudi in casa o persino davanti a sconosciuti, pensiamo alla spiaggia. Non hanno ancora il senso del pudore e quindi nella loro mente non hanno nulla da nascondere, non sentono il bisogno di nascondere il loro corpo. Tutte e due queste immagini. Adamo ed Eva nudi nell’Eden e i bambini nudi in casa o in spiaggia, se ci pensiamo bene hanno a che fare con la fiducia. Adamo ed Eva nell’Eden si fidano l’uno dell’altra e di Dio; i bambini si fidano di tutti, per questo non devono nascondere nulla.

E allora possiamo forse leggere questo brano biblico in un modo che non è per nulla inquietante. Non possiamo nascondere nulla a Dio: e allora non abbiamo bisogno di nascondere nulla a Dio. Siamo nudi davanti a Dio, sì, ma non come adulti davanti a uno sconosciuto, ma come bambini di pochi mesi in braccio ai loro genitori. E la fiducia va a braccetto con la libertà; potremmo dire: come un bambino piccolo si sente libero di scorrazzare nudo per casa, noi siamo liberi di stare nudi davanti a Dio, ovvero di non cercare di nascondergli nulla, ma non solo perché non possiamo, ma perché non ce n’è bisogno.

La parola di Dio penetra dentro di noi come una spada, o meglio come un bisturi e ci vede dal di dentro, vede anche ciò che non esprimiamo perché non vogliamo esprimere o non abbiamo il coraggio di esprimere. Vede anche ciò che nascondiamo a noi stessi, che non vogliamo vedere di noi stessi come il naso storto del romanzo di Pirandello.

Ecco la libertà di cui ci parla – indirettamente - questo brano, che non è la libertà civile del 17 febbraio e nemmeno la libertà di annunciare l’evangelo, ma è la libertà che precede tutte le altre, ovvero la libertà di essere noi stessi davanti a Dio. Ma non liberi di essere come vogliamo essere o come vorremmo essere, ma come siamo e come Dio ci vede, vedendo anche quel che noi non vediamo di noi stessi. Libertà che comprende anche la libertà di accettare il giudizio di Dio, anzi inizia con l’accettare il giudizio di Dio, perché la grazia inizia col giudizio e accettare il giudizio – o se volete lo sguardo – di Dio su di noi è già frutto della grazia.

Siamo liberi di non dover indossare vestiti o maschere davanti a Dio, perché lui ci conosce, non abbiamo bisogno di atteggiarci a ciò che non siamo o recitare dei ruoli. Senza questa libertà, profonda, che ci può venire soltanto dalla Parola di Dio, le altre importantissime libertà, quella civile e quella di culto, saranno zoppe, perché non saremmo capaci di usarle.

Un’ultima parola ancora sulla guerra. Nell’ottica di ciò che abbiamo detto finora, chi vuole la guerra e la mette in atto vuole in fondo impedire che la Parola di Dio entri dentro di lui e lo metta a nudo. Chi vuole la guerra e la vive come una dimostrazione di forza al contrario si veste ben bene, indossa una divisa, si chiude dentro un carro armato o un aereo, indossa la maschera del guerriero, perché così vuole essere visto e riconosciuto dagli altri.

Non è questa la libertà secondo Dio, non è questa la libertà che Dio ci dona attraverso la sua parola.

Ma “nessuna creatura” può “nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto”.

È un giudizio per chi vuole nascondersi davanti a Dio, ma è una liberazione per chi riconosce la propria nudità e la propria colpa davanti a lui e da Dio riceve il nuovo vestito della grazia, indossando il quale può camminare libero nel mondo dove il Signore ci invia ad annunciare il suo evangelo di pace e di libertà.

 

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