mercoledì 1 luglio 2009

INFORMAZIONE: LIBERA


Internet è senza controllo?

C’è chi vorrebbe leggi speciali per controllare la rete ma le norme disponibili sono sufficienti; chi ha forte interesse a bloccare la libera circolazione d’informazioni?

Sergio Velluto

Attraverso la posta elettronica o la frequentazione dei blog in tanti abbiamo potuto leggere un messaggio che iniziava così: «Ieri nel voto finale al Senato che ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza (disegno di legge 733), tra gli altri provvedimenti, con un emendamento del Senatore Gianpiero D’Alia (Udc), è stato introdotto l’articolo 50-bis, “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet“». Qualcuno ha paventato il sorgere di un regime di polizia antidemocratico. Per fortuna, anche grazie a una mobilitazione generale su Internet, l’emendamento è stato soppresso. Purtroppo l’inerzia del mezzo fa sì che qualcuno continui a ricevere il messaggio ormai datato. Come ci ha detto Guido Scorza, uno dei fondatori dell’Istituto per le Politiche dell’Innovazione: «Non riesco neppure io a fermare l’onda di mail di segno opposto che mi arrivano da ogni dove ma non c’è dubbio che D’Alia sia solo un brutto incubo del passato».

Internet è un mezzo di comunicazione. Come il telefono o la televisione. È l’ultimo arrivato e attira qualche attenzione in più. Oserei dire che «merita» un’attenzione maggiore per la novità che rappresenta rispetto agli altri mezzi e cioè la possibilità di comunicare in rete, peer to peer, non più soltanto in una sola direzione, trasformando l’utilizzatore in produttore di notizie, di opinioni, di contenuti in genere.

L’importanza di questo mezzo è ben nota alla Chiesa di Roma, che da sempre dedica molta attenzione ai temi della comunicazione attraverso una apposita «Pontificia Commissione». Qualche tempo fa fece scalpore la scelta dell’arcivescovo di Napoli, card. Crescenzio Sepe, di affrontare Facebook in prima persona. «Serve a diffondere la parola di Dio», aveva spiegato in quella occasione. Più recentemente, è stato annunciato un accordo per dedicare all’attività pubblica del Papa un canale dedicato su Youtube. Alcune chiese evangeliche italiane non sono da meno di quella Cattolica se si guarda alla loro vitale presenza sul web.

Anche la politica italiana sembra essersi accorta della rete e sono comparse alcune iniziative di legge che, come quella a cui ci riferivamo in apertura, lasciano qualche perplessità. La questione è: è necessario regolamentare con norme specifiche il mezzo? Non potrebbero applicarsi le norme che comunque già esistono? Non dimentichiamo che l’Italia ha un notevole patrimonio legislativo. A esempio uno degli interventi che attualmente destano più preoccupazione al «popolo della rete» è contenuta nel ddl sulle intercettazioni, che sembrerebbe assoggettare il responsabile di qualsiasi «sito informatico» allo stesso obbligo di rettifica che la Legge sulla stampa pone a carico del direttore responsabile delle testate giornalistiche.

Come osserva il già citato Istituto per le Politiche dell’Innovazione in una lettera aperta ai Senatori: «L’omesso adempimento a detto obbligo entro 48 ore – esattamente come accade nel caso di una testata giornalistica – comporterebbe per il responsabile del sito informatico la condanna ad una sanzione pecuniaria fino a 25 milioni di vecchie lire». Concludendo: «Difficoltà facilmente intuibili di ordine tecnico, organizzativo ed economico, infatti, ostano al puntuale adempimento ad un simile obbligo ed esporrebbero, pertanto, in modo pressoché automatico, i responsabili dei “siti informatici” al rischio di vedersi irrogare le sanzioni pecuniarie».

Ma un’altra iniziativa legislativa ha scaldato le pagine di Internet intorno al mese di marzo: il ddl Carlucci. Se nel famigerato decreto D’Alia lo spunto era perseguire il gruppo di Facebook inneggiante a Totò Riina attraverso una norma che colpisse l’apologia di reato nella rete, il ddl Carlucci cerca di combattere la libera condivisione di musica e video appellandosi alla necessità di smascherare i pedofili in rete. L’oggetto della legge è bandire l’anonimato su Internet: «I soggetti... omissis... non identificati o identificabili,... omissis... sono da ritenersi responsabili – in solido con coloro che hanno effettuato le pubblicazioni anonime – di ogni e qualsiasi reato, danno o violazione amministrativa cagionati ai danni di terzi o dello Stato».

A parte la risibilità della reale possibilità di garantire l’identità di una persona per chi conosca i meccanismi della rete, i dubbi sulle reali intenzioni del proponente cadono quando si legge che si prevede di costituire una commissione di controllo in cui siedono, tra gli altri, due membri della Confindustria, uno della Siae (la Società degli autori e degli editori) e nessun organismo dei consumatori o dei provider. In tutti e tre i casi citati di nuove norme si prevede una legislazione speciale per Internet per perseguire reati che sono già perseguiti dalle norme comuni. Interpellato sulla questione, il dott. Luca Franceschi, Giudice di Pace a Cuneo, ci ha detto: «... mi è già capitato di trattare, per la verità archiviandolo, un caso di diffamazione a mezzo Internet». Ci rallegriamo che la normale opera di contrasto alla criminalità, ai pedofili o a chi faccia apologia di un reato proceda tranquillamente con le norme attualmente disponibili senza dover aspettare l’approvazione di nuove leggi speciali.

Ma allora, per riprendere le domande che facevamo all’inizio, c’è un tentativo in atto di rendere meno democratica e più controllata la rete? Sicuramente la novità e il successo del mezzo «Internet» mettono in discussione molti equilibri politici e smuovono altrettanti interessi economici. La possibilità di comunicare al mondo, abbattendo le barriere fisiche dei confini nazionali è davvero nelle mani di tutti. Questo non piace al potere. Lo abbiamo verificato puntualmente ogni volta che i regimi dittatoriali hanno impedito l’utilizzo di Internet per imbavagliare l’opposizione e per bloccare la fuga di informazioni (in Cina, in Corea del Nord, in Iran, e in tanti altri paesi).

Sul piano economico gli interessi che si muovono sulla rete sono consistenti, dal commercio di beni contraffatti alla condivisione di files musicali e cinematografici. E in merito a questo non penso solo alla criminalizzazione di milioni di adolescenti che scaricano mp3 nel mondo, ma all’ultimo scontro sull’utilizzo di video sulla rete che è avvenuto tra Mediaset e Corriere. Insomma, nonostante le innovazioni tecnologiche, la storia è sempre la stessa: da un lato c’è chi cerca di costruire rapporti tra le persone, anche economici, di condivisione e partecipazione e dall’altro forti lobby che cercano, con ogni mezzo, di far prevalere i propri interessi. L’importante è imparare a decodificare quel che ci succede intorno e allineare le nostre scelte ai principi cui vogliamo ispirarci.


tratto da: www.riforma.it

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