lunedì 23 gennaio 2017

Predicazione di domenica 22 gennaio 2017 su Giovanni 4,46-54 a cura di Marco Gisola

Giovanni 4,46-54
46 Gesù dunque venne di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino.
Vi era un ufficiale del re, il cui figlio era infermo a Capernaum.
47 Come egli ebbe udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, andò da lui e lo pregò che scendesse e guarisse suo figlio, perché stava per morire. 48 Perciò Gesù gli disse: «Se non vedete segni e miracoli, voi non crederete». 49 L'ufficiale del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50 Gesù gli disse: «Va', tuo figlio vive». Quell'uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detta, e se ne andò. 51 E mentre già stava scendendo, i suoi servi gli andarono incontro e gli dissero: «Tuo figlio vive». 52 Allora egli domandò loro a che ora avesse cominciato a stare meglio; ed essi gli risposero: «Ieri, all'ora settima, la febbre lo lasciò». 53 Così il padre riconobbe che la guarigione era avvenuta nell'ora che Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive»; e credette lui con tutta la sua casa.
54 Gesù fece questo secondo segno miracoloso, tornando dalla Giudea in Galilea.


Questo racconto è senza dubbio un racconto di miracolo. Possiamo però chiederci quando accade il miracolo e quale sia il miracolo che viene qui raccontato.
Tutti noi lettori di questo brano, a una prima lettura, diremmo sicuramente che il miracolo è la guarigione del figlio dell’ufficiale del re e che esso accade quando Gesù pronuncia le parole: “va’, tuo figlio vive”.
E senza dubbio le cose stanno così. Si tratta di un racconto di guarigione di un bambino o un ragazzo per il quale il padre va a chiedere aiuto a Gesù.
Ma ci sono alcuni dettagli di questo racconto che ci suggeriscono che non si tratta soltanto di un racconto di miracolo, che la guarigione non è l’unica cosa che accade.
Ripercorriamo il racconto: l’ufficiale abita a Capernaum, che si trova a circa 26 chilometri di distanza da Cana, dove Gesù si trova in questo momento. 26 chilometri a piedi non si fanno in mezzora, quell’uomo ha camminato qualche ora per raggiungere Gesù e gli chiede di fare insieme la stessa strada al contrario, per andare a guarire suo figlio.
La prima reazione di Gesù è negativa, Gesù critica una fede fondata sul miracolo: «Se non vedete segni e miracoli, voi non crederete» dice Gesù, e probabilmente non parla soltanto all’ufficiale, ma si rivolge a tutti quelli che lo ascoltano in quel momento.
Nei vangeli più volte vediamo che Gesù è critico verso quelli che cercano in lui il guaritore e basta, quelli che vogliono miracoli e nient’altro. Non è questa la fede che Dio vuole da noi, Gesù non è solo un guaritore, è il Figlio di Dio, ma molti non vanno oltre il miracolo, non cercano altro.
Gesù, beninteso, non ce l’ha con la richiesta dell'ufficiale: che un padre chieda che suo figlio in pericolo di vita, venga guarito è una richiesta più che legittima e quel padre non può certo essere criticato per questo. Gesù vuole però capire se è tutto lì.
Come reagisce l'ufficiale? Gesù in fondo non ha risposto alla sua richiesta, ha solo fatto una critica generale a chi cerca solo miracoli. Non gli ancora detto di no. l’uomo avrà pensato: posso ancora provare a insistere. E lo fa: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». “Scendi” chiede l’uomo, perché Capernaum è più in basso verso il lago rispetto a Cana, dove si trovano ora.
Egli insiste perché Gesù vada di persona a guarire il figlio; evidentemente non riesce a immaginare che Gesù possa guarire suo figlio senza “scendere”, senza andare da lui.
E questa volta Gesù lo esaudisce, ma senza andare fino a Capernaum: «Va', tuo figlio vive». Gesù guarisce il figlio dell’ufficiale. Ma... siamo sicuri che lo abbia guarito? Suo padre, soprattutto, come fa a sapere che Gesù ha guarito suo figlio, che se ne sta laggiù a Capernaum, a 26 chilometri di distanza? Non ne ha alcuna prova.
Possiamo fare una piccola pausa nell’analisi di questo racconto. La storia continua e sappiamo come va a finire: il figlio è veramente guarito. Ma facciamo una pausa, fermiamo la scena: immaginiamoci che questo racconto sia un film e di fermarlo proprio nel momento in cui Gesù ha appena detto all'ufficiale: «Va', tuo figlio vive».
Ecco, in questo fermo immagine ci siamo noi. Noi viviamo la nostra vita e la nostra fede come se ogni giorno fosse questo momento.
Non nel senso che siamo fermi immobili, ma nel senso che ogni giorno siamo nella situazione dell’ufficiale, siamo davanti alla Parola che Gesù ci dice e non abbiamo le prove di quello che Gesù ci dice. Siamo davanti alla Parola di Dio che chiede semplicemente la nostra fiducia.
Questo racconto ci mostra in modo chiaro, l’una di fronte all’altra, la grazia e la fede: il figlio è guarito, Gesù ha agito, il miracolo è avvenuto e il miracolo è grazia, è dono. E la fede è partire credendoci, come fa l’ufficiale, come fece Abramo tanto tempo prima. Partire per fede, senza avere la prova della verità della Parola di Dio, partire fidandosi.
Non possiamo che fidarci. Oppure non fidarci. L’ufficiale può fidarsi di Gesù oppure può non fidarsi e insistere ancora una volta.
Potrebbe dire a Gesù: ti prego, Signore, scendi a Capernaum, vieni da mio figlio e guariscilo lì, voglio vederti mentre lo guarisci, per essere sicuro che sia tu a guarirlo! Non mi lasciare con questo dubbio per tutte le lunghe ore di cammino che devo fare per ritornare a casa.
Si fiderà o non si fiderà? Avremmo dovuto interrompere la lettura del testo a quel punto, perché noi sappiamo già come va a finire, sappiamo già che si fiderà. E noi ci fidiamo o non ci fidiamo di quella Parola che riceviamo da Gesù ogni domenica e ogni volta che apriamo la Scrittura? Questa è la grande domanda che questo testo ci pone.
Ma il testo non ci pone solo la domanda, ma ci dà anche un esempio: l'ufficiale si fida, parte, da solo, senza Gesù, farà i 26 chilometri del ritorno pieno di speranza – e forse con qualche dubbio, come vedremo tra poco - per andare a vedere se davvero suo figlio è guarito. Dal racconto sappiamo che arriverà l’indomani, quindi c’è anche una notte che separa la fiducia dalla conferma.
Gesù lo ha esaudito, ma non ha voluto andare di persona a Capernaum, non perché non ne avesse voglia, ma perché voleva che l’ufficiale si fidasse, credesse alla sua Parola. Gesù lo porta dalla fede nel miracolo alla fede nella sua Parola. Vuole che creda senza avere prove, proprio come noi.
Il miracolo di guarigione è avvenuto, ma ne avviene in fondo anche un altro, che è la fede dell’ufficiale, fede che non nasce dal miracolo, ma dalla Parola di Gesù.
La conclusione del racconto è molto curiosa: quando l'ufficiale incontra i suoi servi che vengono a dirgli che suo figlio è guarito, chiede a che ora sia avvenuta la guarigione.
L’uomo vuole verificare, che è un atteggiamento molto umano. Il racconto non lo dipinge come un eroe della fede. Prima chiede che Gesù vada a casa sua, poi insiste e richiede di nuovo, infine si fida, ma poi cerca di verificare che le cose siano veramente andate come ha detto Gesù e non sia solo un caso.
Da un lato Giovanni, con questa parte finale del racconto, vuole dimostrare ai suoi lettori che è proprio Gesù che ha guarito il figlio dell’ufficiale. Ma così facendo ci descrive quest’uomo che ha un bisogno di sicurezza molto umano e con questo ci vuol forse anche dire che la fede non esclude mai del tutto il dubbio. Che siamo sempre tutti credenti e allo stesso tempo un po’ increduli.
Forse potremmo anche ritrovare noi stessi in un altro fermo immagine del nostro film, che è questo racconto. Abbiamo detto che ci troviamo nella situazione dell’ufficiale che ascolta la Parola di Gesù e deve fidarsi di questa parola.
Se abbiamo fatto il primo passo della fiducia – e se siamo qui è perché abbiamo creduto alla Parola che Gesù ci ha rivolta – allora non ci troviamo più soltanto nell’immagine dell’ufficiale che ascolta la Parola di Gesù. Ci troviamo anche nell'immagine dell'ufficiale che è partito per andare a casa a vedere il figlio guarito.
Questo cammino è la nostra fede vissuta: abbiamo ascoltato la Parola del Signore e siamo in cammino - ma non per verificare se quello che ha detto è successo davvero - ma siamo in cammino per condividere e testimoniare la gioia della buona notizia che Gesù ci porta.
Andiamo, poi torniamo dal Signore per riascoltare la sua Parola e ripartiamo di nuovo per andare nel mondo a viverla e condividerla. La nostra vita è tutto un andare dalla Parola al mondo e dal mondo alla Parola.
In questo cammino il Signore tollererà i nostri dubbi e le nostre domande, ma ci chiederà di tornare sempre di nuovo a nutrire la nostra fede alla fonte della sua Parola.




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