venerdì 25 dicembre 2020

Predicazione di Natale 2020 su Giovanni 1,1-14 a cura di Marco Gisola

Giovanni 1,1-14

1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. 2 Essa era nel principio con Dio. 3 Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. 4 In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5 La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno sopraffatta.

6 Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli stesso non era la luce, ma venne per rendere testimonianza alla luce. 

9 La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. 11 È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; 12 ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, 13 i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio.

14 E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre.



«La Parola è diventata carne»: questo celebriamo a Natale, questo ci dicono i racconti a cui siamo così affezionati dei vangeli di Matteo e di Luca, con la mangiatoia, Giuseppe e Maria accanto al piccolo Gesù, gli angeli e i pastori, i magi, il re Erode che vuole uccidere Gesù appena è nato… 

Giovanni non ci racconta nulla di tutto ciò (e quindi possiamo dire: grazie a Dio che i vangeli sono quattro, perché abbiamo molto di più che se ce ne fosse uno solo…!). La storia del “Natale” del vangelo di Giovanni non inizia a Betlemme e non inizia duemila anni fa. Inizia nel cielo e inizia prima dell’inizio del mondo. 

La parola “Natale” va messa tra virgolette, ovviamente, perché Giovanni non racconta la nascita di Gesù, ma racconta – o meglio accenna in questa straordinaria poesia – l’incarnazione della Parola di Dio nella persona umana di Gesù di Nazaret.

E proprio questa Parola, ci dice Giovanni, era nel principio, potremmo dire prima del principio, c’era già ed era con Dio, ed era essa stessa Dio. Un’affermazione importantissima per la nostra fede. 

Dio si relaziona con il mondo e con gli esseri umani attraverso la sua Parola; tutto ciò che noi possiamo sapere di Dio e tutto ciò che Dio ci fa sapere di lui accade attraverso la sua Parola. Come possiamo conoscere Dio? Abbiamo solo un modo di conoscere Dio ed è quello che lui ha scelto, ovvero la sua Parola. 

Noi Dio non lo vediamo, non lo tocchiamo, ma lo ascoltiamo, lo possiamo ascoltare perché ha scelto di comunicare con noi, di rivelarsi come Parola. La Parola è Dio in relazione, ed è tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Ed è così da sempre, ci dice Giovanni, e ce lo dice tutta la Bibbia; questa non è solo la fede cristiana, ma la fede ebraico-cristiana: Dio si rivela nella sua Parola. 

La Parola creatrice attraverso cui Dio crea il mondo, la Parola liberatrice dell’esodo, la Parola di giudizio e di salvezza dei profeti di Israele – questa Parola diventa carne, viene ad abitare un corpo esattamente uguale al nostro, diventa una vita umana, la vita di Gesù di Nazaret.

Egli ha vissuto una vita pienamente umana, e ne ha condiviso tutta la fisicità e tutte le emozioni: dolore e piacere, gioia e angoscia, allegria e rabbia, coraggio e paura. L’incarnazione è l’inizio di quel cammino che culminerà il venerdì santo con la croce. Un cammino percorso fino in fondo per amore: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito figlio …” (3,16).

“Per l’essere umano non c’è altro volto di Dio all’infuori di quello di Gesù di Nazaret” ha scritto qualcuno commentando questi primi versetti del vangelo di Giovanni (J. Zumstein, Giovanni, vol. 1, p. 77). Non abbiamo bisogno di conoscere altro su Dio che quello che ci rivela Gesù di Nazaret. 

È umano farsi tante domande su Dio, perché Dio è per noi irraggiungibile, invisibile, ecc…  È umano farsi queste domande, ma non è indispensabile avere le risposte per credere. Per credere basta sapere quello che Dio ci viene a dire. 

Non è indispensabile sapere come Dio è in sé, è sufficiente conoscere la sua volontà così come ce la rivela Gesù, la sua parola incarnata.

«La Parola è diventata carne». In lui Dio ha preso su di sé l’umanità, e così facendo si è fatto fratello di ogni essere umano. Ogni nostro compagno e compagna in umanità diventa nostro fratello e sorella, perché Gesù si è fatto loro fratello. 

Nessun essere umano e nessun aspetto della nostra umanità sono esclusi dall’amore di Dio in Cristo e di conseguenza ogni essere umano e ogni aspetto della nostra umanità ci sono dati per essere amati anche da noi. 

Detto in altre parole: alla luce dell’incarnazione, il nostro amore per il prossimo non deve dipendere da altro che dalla sua umanità. Tutte le altre caratteristiche – provenienza, genere, ideali politici, anche la religione – passano in secondo piano. 

Questa è la sfida dell’evangelo dell’incarnazione: vivere cercando di mettere da parte giudizi e pregiudizi e guardare all’altro come colui che possiede la stessa umanità in cui la Parola di Dio si è incarnata, la stessa umanità di Gesù di Nazaret.

Non c’è dunque soltanto una fratellanza o sorellanza che nasce dalla fede in Gesù Cristo figlio di Dio e che coinvolge i credenti, ma anche una fratellanza o sorellanza che nasce dall’umanità di Gesù e che coinvolge tutti gli esseri umani.

«La Parola è diventata carne ed ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre».

La Parola di Dio fatta carne ha abitato tra noi, cioè in mezzo all’umanità, in Gesù di Nazaret «per un tempo», cioè dalla sua nascita, che celebriamo oggi, fino alla sua morte sulla croce, che ricordiamo il venerdì santo. 

La Parola di Dio fatta carne ha preso su di sé tutta la nostra umanità, con le sue gioie e i suoi dolori e ha condiviso il fatto che la nostra vita ha un termine. «Per un tempo» ha abitato tra di noi, e questo tempo non ha visto la sua conclusione per vecchiaia o per malattia ma per morte violenta, perché l’umanità lo ha rifiutato e crocifisso. 

Ma chi ha crocifisso Gesù ha ucciso la sua carne, ma non la Parola fatta carne, La Parola non la uccide nessuno, nel Risorto essa ha continuato a parlare e continua a parlare anche a noi.

La Parola fatta carne è «piena di grazia e di verità»: Gesù è venuto a dirci la verità su di noi e sulla nostra esistenza e la grazia è il contenuto della verità che è venuto ad annunciarci. 

La verità è la grazia ma anche il giudizio, la verità è che abbiamo bisogno della grazia per vivere e non solo sopravvivere, abbiamo bisogno della grazia per non essere schiacciati dal peso delle nostre colpe, che ci sono e non possiamo eliminare, e che solo la grazia di Dio può perdonare.

La verità è da un lato il giudizio: la Parola di Dio incarnata ci viene a dire che non siamo “buoni”, come spesso diciamo di essere, non siamo “innocenti” come spesso ci illudiamo di essere, non siamo “bravi credenti” come ci piacerebbe essere, perché spesso crediamo più in noi stessi che nella grazia di Dio.

Questa è la verità. Una brutta verità? Beh, il giudizio è la fotografia di ciò che siamo, è semplicemente la verità. Ma la verità di Dio non è mai senza grazia, la verità non è mai soltanto il giudizio, è sempre anche la grazia. 

Se la sua Parola ci mette a nudo (Ebrei 4,12), essa ci riveste anche con l’abito della grazia. La nostra nudità è la nostra verità, è quello che siamo; l’abito della grazia è quello che ci viene dato in dono dall’amore di Dio.  

Questa è la verità e la grazia di Dio, questa è la gloria di Dio che noi abbiamo «contemplato». E dove l’abbiamo contemplata? Che cosa abbiamo visto? Noi nulla, noi abbiamo solo i racconti dei testimoni.

E loro che cosa hanno visto? Hanno visto il neonato nella mangiatoia, hanno visto il torturato e il crocifisso, questo hanno visto perché è lì, nella mangiatoia e nella croce che si sono manifestate la grazia e la verità, dunque la gloria di Dio.

Solo gli occhi della fede vedono nel neonato e nel crocifisso la gloria di Dio, e andremmo fuori strada se pensassimo che la gloria di Dio si rivela solo nei miracoli e negli atti di potenza di Gesù. Quelli sono sì segni della sua gloria e soprattutto segni del suo amore, perché i miracoli hanno quasi sempre portato nuova vita a coloro che Gesù ha toccato con la grazia di Dio.

Ma la sua gloria c’è già tutta nella stalla di Betlemme, nella mangiatoia, e c’è tutta fino alla fine, nella passione e nella croce. Perché è la gloria della grazia, non la gloria del potere. È la gloria della verità, non la gloria del successo. È la gloria dell’amore, non la gloria del dominio. 

Non è la gloria di chi vince sugli altri, ma la gloria di chi vince per gli altri. E di chi vince non questo o quel nemico o avversario (e Gesù ne ha avuti molti) ma la gloria di chi vince anche per gli avversari e trionfa sull’ultimo nemico che è la morte.

Sì, noi l’abbiamo contemplata la sua gloria, la gloria dell’unigenito del Padre, di colui che Dio ha inviato in mezzo a noi come sua Parola incarnata. 

L’abbiamo contemplato non perché ci vediamo meglio degli altri, non perché siamo più bravi o intelligenti, ma perché Gesù è venuto ad aprirci gli occhi e continua a farlo nello Spirito che rende efficace la Parola letta, pregata e predicata, che annuncia la Parola incarnata.

Nell’essere umano Gesù c’è Dio, c’è tutta la gloria di Dio, tutta la verità su di noi, tutta la grazia che Dio ha pronunciato nella sua Parola incarnata, che nessuno può mettere a tacere e che continua a parlare al mondo e anche a noi. 

Nessun commento: