lunedì 15 febbraio 2021

Predicazione di domenica 14 febbraio 2021 su Isaia 58 a cura di Marco Gisola

Isaia 58
1 «Grida a piena gola, non ti trattenere, alza la tua voce come una tromba;
dichiara al mio popolo le sue trasgressioni, alla casa di Giacobbe i suoi peccati.
2 Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie,
come una nazione che avesse praticato la giustizia e non avesse abbandonato la legge del suo Dio;
mi domandano dei giudizi giusti, prendono piacere ad accostarsi a Dio.
3 "Perché", dicono essi, "quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? 
Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?"
Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate i vostri affari ed esigete che siano fatti tutti i vostri lavori.
4 Ecco, voi digiunate per litigare, per fare discussioni, e colpite con pugno malvagio;
oggi, voi non digiunate in modo da far ascoltare la vostra voce in alto.
5 È forse questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l’uomo si umilia?
Curvare la testa come un giunco, sdraiarsi sul sacco e sulla cenere,
è dunque questo ciò che chiami digiuno, giorno gradito al SIGNORE?
6 Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità,
che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo?
7 Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame,
che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra
e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne?
8 Allora la tua luce spunterà come l’aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente;
la tua giustizia ti precederà, la gloria del SIGNORE sarà la tua retroguardia.
9 Allora chiamerai e il SIGNORE ti risponderà; griderai, ed egli dirà: "Eccomi!"
Se tu togli di mezzo a te il giogo, il dito accusatore e il parlare con menzogna; 
10 se tu supplisci ai bisogni dell’affamato, e sazi l’afflitto,
la tua luce spunterà nelle tenebre, e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno;
11 il SIGNORE ti guiderà sempre, ti sazierà nei luoghi aridi,darà vigore e tue ossa;
tu sarai come un giardino ben annaffiato, come una sorgente la cui acqua non manca mai.
12 I tuoi ricostruiranno sulle antiche rovine; tu rialzerai le fondamenta gettate da molte età
e sarai chiamato il riparatore delle brecce, il restauratore dei sentieri per rendere abitabile il paese.
13 Se tu trattieni il piede dal violare il sabato, facendo i tuoi affari nel mio santo giorno;
se chiami il sabato una delizia e venerabile ciò che è sacro al SIGNORE;
se onori quel giorno anziché seguire le tue vie e fare i tuoi affari e discutere le tue cause,
14 allora troverai la tua delizia nel SIGNORE; io ti farò cavalcare sulle alture del paese,
ti nutrirò della eredità di Giacobbe tuo padre», poiché la bocca del SIGNORE ha parlato.

Ecco il programma di governo. Non il governo Draghi, ovviamente, o il governo Conte, o il governo di qualunque altro presidente del consiglio, ma il programma che Dio ci dà per governare la nostra vita di credenti, il governo del nostro stare nel mondo come discepoli del Cristo che i profeti come Isaia hanno annunciato.
«Che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo […] Che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne…»
Un programma ripreso da Giovanni il battista, quando ha detto alla folla «Chi ha due tuniche, ne faccia parte a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto» (Luca 3,11). Un programma non solo ripreso, ma incarnato nella sua persona da Gesù, che infatti nella parabola del giudizio di Matteo 25 ha detto «ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi» (Matteo 25,31ss.).
Un programma che potremmo riassumere in due parole: liberazione e condivisione. 
Liberazione: «che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo». Dio, attraverso la voce del profeta, condanna lo sfruttamento dei poveri da parte dei ricchi, che trattavano spesso i poveri come schiavi facendoli lavorare per arricchirsi. Dio chiede giustizia, e la giustizia – ai tempi di Isaia esattamente come oggi – è innanzitutto giustizia economica, è giustizia che parte dai bisogni essenziali, quindi dai diritti essenziali di ogni essere umano, dal cibo alla casa, dunque al lavoro e – in questo anno ce ne siamo accorti più che mai - alla cura.
Forme di sfruttamento e di schiavitù ci sono anche oggi, lo sappiamo. Dai molti italiani che fanno lavori sottopagati, alle giovani donne che non trovano lavoro se vogliono avere figli, ai migranti, magari senza permesso di soggiorno e quindi ricattabili, trattati da veri e propri schiavi per raccogliere i pomodori, perché noi possiamo pagare un po’ meno la passata di pomodoro al supermercato.
Condivisione: «che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne». È il nostro pane che siamo chiamati a dividere, è la nostra casa che siamo chiamati ad aprire ai senzatetto, sono i nostri vestiti quelli con cui ci è chiesto di coprire chi è nudo…  Una parola che – ammettiamolo – ci mette molto in crisi, e che – parlo per me, non voglio giudicare nessuno – sono molto lontano dal vivere. Una parola, condivisione, che ci interpella, che ci chiede di essere messa in pratica nella nostra vita quotidiana. 
Una parola che oggi interpella i paesi ricchi e i loro governi, per esempio, riguardo ai vaccini. Perché alle tante disuguaglianze che ci sono tra la parte benestante del mondo e quella povera si aggiunge oggi la questione dei vaccini. Ci sono previsioni per cui nei paesi dell’Africa, si potrà raggiungere l’immunità di gregge riguardo al Covid nel 2024! tra quattro anni! Quando noi nella parte benestante del mondo vorremmo raggiungerla entro quest’anno.  I paese ricchi hanno finanziato i vaccini e giustamente cercano di vaccinare al più presto possibile i loro abitanti. E i paesi poveri? Chi non aveva i soldi per finanziare la ricerca e non ha nemmeno i soldi per fare gli ospedali…? Condivisione. Dio ci interpella riguardo alla nostra volontà di condivisione.
Ma questo programma politico, concretamente politico, se leggiamo bene il testo, è un programma spirituale. Al centro della parola del profeta c’è la relazione con Dio: il brano inizia parlando del digiuno e si chiude parlando del sabato, due momenti chiaramente spirituali, “religiosi”.
Ma per Dio non c’è quella distinzione netta tra politico e spirituale che spesso facciamo noi. Non c’è, perché la vita è una e la persona è una: viviamo davanti a Dio, sotto lo sguardo di Dio sia quando veniamo al culto, sia quando andiamo al mercato. Non abbiamo due vite, non siamo due persone.
E anche Dio è uno solo, è lo stesso Dio che ci viene incontro nella sua parola di misericordia e nel prossimo oppresso. E allora quello che ho chiamato “programma politico” non è altro che il nostro culto. È un programma politico-spirituale che diventa il nostro culto.
Coloro che Dio rimprovera, attraverso le parole di Isaia, partecipano al culto del tempio: «Mi cercano giorno dopo giorno, prendono piacere a conoscere le mie vie», dice Dio parlando di loro.  Partecipano alla vita religiosa di Israele; digiunano. E si stupiscono che il loro culto non sia gradito al Signore e dunque si lamentano con Dio e gli dicono: «Perché quando abbiamo digiunato, non ci hai visti? Quando ci siamo umiliati, non lo hai notato?». Eh già, perché? Perché Dio non apprezza il loro digiuno e i loro sforzi di piacergli, di essergli graditi? Loro vanno al tempio, vanno a Dio…! 
Sì, loro vanno a Dio, ma vanno a Dio senza il prossimo. Il prossimo lo lasciano fuori dal loro culto, pensano di poter celebrare il culto senza il prossimo. Ci vanno da soli, vanno a cercare Dio ma non si occupano dei poveri che vivono in mezzo a loro. Anzi i poveri li sfruttano, sono proprio loro, quelli che digiunano e cercano Dio che agiscono ingiustamente.
Dio li rimprovera di «nascondersi a colui che è carne della tua carne», cioè di voltarsi dall’altra parte per non vedere il prossimo oppresso. Si voltano dall’altra parte, non lo vogliono vedere quel prossimo mentre vanno a celebrare il loro culto. 
Perché quello che celebrano è il loro culto, non il culto di Dio. Adorano se stessi, non Dio. Vanno al culto, ma Dio non c’è. Non c’è perché loro cercano soltanto un pezzo di Dio, solo quel pezzo di Dio che li consola, che li coccola, che li rassicura, solo quel pezzo di Dio che serve a loro per stare meglio, per sentirsi a posto con la coscienza. 
Per dirla con le parole dell’apostolo Paolo non cercano un Dio che giustifichi (e converta) il peccatore, ma un Dio che giustifichi il loro peccato, per poter continuare a commetterlo. Vanno al culto per sentirsi autorizzati a peccare ancora, ma questo non è culto, è insulto a Dio. E infatti non lo trovano, Dio non c’è, quello che cercano non è il Dio di Israele e di Gesù Cristo.
Perché Dio non si lascia fare a pezzi, non ci si può costruire un Dio “à la carte”, come se Dio fosse appunto un menù del quale si può prendere solo ciò che ci è gradito o solo ciò che ci conviene. Dio è uno ed è tutto intero. 
È il Dio che ci giustifica perché pratichiamo la giustizia. Alla sua giustizia, che è grazia, deve rispondere la nostra giustizia, che è amore e servizio del prossimo.
Dio ci viene incontro nella sua parola e nel nostro prossimo. Nella sua parola Dio ci annuncia la nostra giustificazione, nel prossimo Dio – sempre Dio - chiede la nostra giustizia.
È uno e lo stesso Dio, è il Dio che parla per mezzo di Isaia e che viene a noi nella carne del suo figlio Gesù. Non possiamo tagliarne via un pezzo, perché se facciamo così lo perdiamo tutto, non lo troviamo più, perché non lo cerchiamo dove è, ma dove non c’è.
Perché Dio è nel prossimo schiavo che cerca liberazione e nel prossimo povero che cerca condivisone.  Il programma di governo di Dio è la liberazione degli schiavi e la condivisone degli immensi doni che ci ha fatti, e quindi la sconfitta della povertà.
Se questo è il nostro programma, se crediamo che Dio è uno e lo stesso nella sua Parola e nel prossimo, nella giustificazione e nella giustizia, allora potremo andare a cercare Dio non per vantarci di quello che abbiamo fatto, ma per chiedergli perdono per ciò che non abbiamo fatto e per tutte le volte che non siamo riusciti – per incapacità o indifferenza - a mettere in pratica il suo programma. 
«Se tu supplisci ai bisogni dell’affamato, e sazi l’afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre, e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno; il SIGNORE ti guiderà sempre», dice il profeta; ti guiderà sempre attraverso la sua parola che ti porterà a vederlo e incontrarlo nel prossimo. 
La luce spunta nelle tenebre, dice Isaia. È la luce della grazia che perdona la nostra colpa e che guarisce la nostra cecità e ci permette così di vedere il prossimo in cui Dio ci viene incontro. Lì comincia il nostro culto, e quel culto gli sarà gradito: «Allora chiamerai e il SIGNORE ti risponderà; griderai, ed egli dirà: “Eccomi!”»


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