martedì 2 febbraio 2021

Predicazione di domenica 31 gennaio su 2 Pietro 1,16-21 a cura di Marco Gisola

 16 Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. 17 Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». 18 E noi l’abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo. 19 Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori. 20 Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale; 21 infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo.



«Noi l’abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo», dice l’apostolo Pietro parlando della trasfigurazione di Gesù.

E forse la nostra prima reazione, un po’ malinconica, potrebbe essere: e noi invece no, non abbiamo udito nessuna voce dal cielo, non abbiamo visto il volto di Gesù trasfigurato, non siamo stati su nessun monte santo…”

I nostri occhi non hanno visto e le nostre orecchie non hanno sentito. Non abbiamo – per così dire – che gli occhi e le orecchie di Pietro, di Paolo, degli altri apostoli e di quelli che hanno scritto per noi vangeli e lettere del NT. 

Come ci diceva il prof. Ricca in Facoltà, i successori degli apostoli non sono i vescovi, ma sono i loro scritti, gli scritti apostolici, cioè il Nuovo Testamento. I testimoni ci parlano quotidianamente attraverso la Scrittura. Ma non solo il Nuovo Testamento, bensì anche l’Antico: Pietro stesso dice: «Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro».

La parola profetica è qui quella dei profeti dell’Antico Testamento, ovviamente, il Nuovo Testamento non era ancora stato scritto, o meglio lo stavano scrivendo senza saperlo… Quindi potremmo dire che qui c’è tutta la Bibbia: il Nuovo Testamento (cioè l’apostolo Pietro) ci sta dicendo di prestare attenzione all’Antico Testamento, che per i primi cristiani era l’unica scrittura.

Tutta la Bibbia, quella parte che ai tempi di Pietro era già scritta da secoli, cioè l’Antico Testamento, e quella che si stava scrivendo in quei decenni, cioè il Nuovo Testamento, ci parlano della gloria e della maestà di Dio – per usare le sue parole – che sono state rivelate in Gesù nella sua trasfigurazione e in tutto il suo ministero.

La trasfigurazione è un racconto molto particolare, è una sorta di assaggio o di anticipo del regno di Dio. Il volto di Gesù trasfigurato è il suo volto divino, che si vede solo per un attimo in cima a quel monte, e lo vedono solo Pietro, Giacomo e Giovanni. Ma poi bisogna ridiscendere da quel monte, per tornare in mezzo alla gente e alle sue fatiche e ai suoi dolori, per annunciarle l’evangelo del perdono e della guarigione.

Ma quel momento è un momento alto, per usare le parole del testo che abbiamo letto, un momento in cui viene rivelata la «potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo» di cui lui è stato testimone oculare. Non si tratta dunque di «favole abilmente inventate».

Evidentemente, qualcuno diceva che la storia di Gesù, che fosse il figlio di Dio, che fosse morto e poi risorto, era tutta solo una favola e Pietro sente il bisogno di difendersi, di dare forza alla sua testimonianza, citando l’evento della trasfigurazione di cui è stato testimone.

Vorrei fermarmi un attimo su questa contrapposizione tra la «potenza» di Gesù, ovvero il fatto che Gesù è il figlio di Dio venuto per noi, e le «favole». Pietro difende in fondo la verità dell’evangelo dalle false accuse che qualcuno – non sappiamo chi – rivolgeva ai credenti in Gesù Cristo.

Erano tempi difficili per i cristiani, le persecuzioni da parte dell’impero romano iniziavano già a farsi sentire. È infatti probabile che questa lettera non sia stata scritta proprio dall’apostolo Pietro ma da qualche suo discepolo che viveva verso la fine del primo secolo e che riprende la testimonianza dell’apostolo per incoraggiare le comunità perseguitate.

I cristiani allora erano deboli di fronte alla potenza dell’impero romano e alle accuse dei pagani che li denigravano accusandoli di andare dietro a delle favole.

Quando poi, qualche secolo dopo, il cristianesimo non sarà più debole, ma sarà diventato forte perché sarà diventato la religione dell’impero, anzi l’unica religione dell’impero, allora sarà la chiesa ad accusare altri di andare dietro a delle favole, tra questi anche i valdesi medievali e tutta una serie di movimenti che saranno accusati di eresia.

La «potenza» del figlio di Dio è diventata la potenza della religione cristiana che si è alleata con la potenza (militare) dell’impero per schiacciare chi la pensava diversamente.

Per secoli, nell’Europa cristiana, si sono scontrate quella che veniva ritenuta la “verità” e quelle che erano giudicate delle “favole”. Chi aveva la verità, o meglio chi pensava di avere la verità, aveva anche la forza degli eserciti, e roghi e crociate hanno segnato la storia dell’Europa.

E non solo dell’Europa, perché il cristianesimo ha accompagnato il colonialismo e con la predicazione dall’evangelo è arrivata anche la dominazione coloniale.

Questa è la storia che abbiamo alle spalle; oggi viviamo in un mondo che ha più o meno, almeno parzialmente e non certo dappertutto, accettato il pluralismo. Diverse religioni, diverse culture, diverse spiritualità convivono, è giusto che convivano fianco a fianco, perché la convivenza è fondata sul diritto e sulla libertà di coscienza.

Questo significa forse negare la «potenza e la venuta di Gesù», come dice questo brano? Significa negare l’evangelo, che è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede», come dice l’apostolo Paolo (Romani 1,16)? No, non c’è bisogno di negare la verità dell’evangelo. Non c’è bisogno di negare quella che per noi è la verità su cui vogliamo cercare di fondare la nostra vita. Non c’è bisogno di smettere di annunciare l’evangelo a chiunque voglia ascoltarlo.

Ma appunto, a chiunque voglia ascoltarlo. Qualcuno non vorrà ascoltarlo ed è suo diritto non ascoltarlo. Qualcuno ascolta altre parole, segue altre fedi, altre religioni, altre idee. Il cristianesimo, le chiese non sono più in posizione dominante, non hanno più potere, o ne hanno molto meno di un tempo, e questa è in fondo una liberazione.

Perché è stato un grosso errore confondere la «potenza» di Gesù e del suo evangelo con il “potere” dei cristiani e delle chiese. È stato un errore fatale, che ha insanguinato l’Europa e molti altri paesi ed ha deformato la fede cristiana, l’ha anzi in qualche modo tradita.

Perché la «potenza» era, appunto, di Gesù, non dei suoi discepoli, non delle chiese, che non avendo la potenza di Gesù, che veniva da Dio, si sono rivolti al potere molto mondano della armi e delle leggi fatte su misura.

È Gesù, non i suoi discepoli, non la sua chiesa, che «ricevette da Dio Padre onore e gloria» in occasione della sua trasfigurazione. E il suo volto, che sul monte della trasfigurazione era splendente, una volta ridisceso dal monte era di nuovo il volto dell’uomo Gesù di Nazaret, volto umano che Dio ha scelto per mostrare a chi lo incontrava il volto del suo amore divino.

La potenza è di Gesù e del suo Spirito, che Pietro menziona in riferimento alla parola dei profeti, che «hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo». Ma sappiamo come molti profeti sono stati trattati e sappiamo come Gesù è stato trattato. La potenza della verità dell’evangelo viene a noi nella debolezza della parola della testimonianza, e Gesù si è fatto debole per essere servo e salvatore.

Qualcuno probabilmente ritiene tutto ciò una favola. Non importa, è suo diritto, come è nostro diritto ritenere una favola oroscopi e chiromanti.

Noi rimaniamo saldi nella fede che la parola profetica e la parola apostolica ci testimoniano. Esse ci raccontano che il volto di Gesù è stato splendente sul monte della trasfigurazione, che è stato il volto della misericordia di Dio per molti miseri che ha incontrato, che è stato poi coperto di lacrime e di sangue sulla croce, e infine è stato di nuovo luminoso la mattina di Pasqua. 

Quel volto, che ci raggiunge nella testimonianza della scrittura, è e rimane per noi la «lampada splendente in luogo oscuro» e «la stella mattutina» che rischiara e dona speranza a ogni nostro nuovo giorno.

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