domenica 18 aprile 2021

Predicazione di Domenica 18 aprile 2021 su Ezechiele 34 a cura di Marco Gisola

Ezechiele 34

1 La parola del SIGNORE mi fu rivolta in questi termini: 2 «Figlio d’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele; profetizza, e di’ a quei pastori: Così parla il Signore, DIO: “Guai ai pastori d’Israele che non hanno fatto altro che pascere se stessi! Non è forse il gregge quello che i pastori debbono pascere? 3 Voi mangiate il latte, vi vestite della lana, ammazzate ciò che è ingrassato, ma non pascete il gregge. 4 Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza. 5 Esse, per mancanza di pastore, si sono disperse, sono diventate pasto di tutte le bestie dei campi, e si sono disperse. 6 Le mie pecore si smarriscono per tutti i monti e per ogni alto colle; le mie pecore si disperdono su tutta la distesa del paese, e non c’è nessuno che se ne prenda cura, nessuno che le cerchi!

7 Perciò, o pastori, ascoltate la parola del SIGNORE! 8 Com’è vero che io vivo”, dice il Signore, DIO, “poiché le mie pecore sono abbandonate alla rapina; poiché le mie pecore, che sono senza pastore, servono di pasto a tutte le bestie dei campi, e i miei pastori non cercano le mie pecore; poiché i pastori pascono se stessi e non pascono le mie pecore, 9 perciò, ascoltate, o pastori, la parola del SIGNORE! 10 Così parla il Signore, DIO: Eccomi contro i pastori; io domanderò le mie pecore alle loro mani; li farò cessare dal pascere le pecore; i pastori non pasceranno più se stessi; io strapperò le mie pecore dalla loro bocca ed esse non serviranno più loro di pasto”.

11 «Infatti così dice il Signore, DIO: “Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro. 12 Come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno che si trova in mezzo alle sue pecore disperse, così io andrò in cerca delle mie pecore e le ricondurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre; 13 le farò uscire dai popoli, le radunerò dai diversi paesi e le ricondurrò sul loro suolo; le pascerò sui monti d’Israele, lungo i ruscelli e in tutti i luoghi abitati del paese. 14 Io le pascerò in buoni pascoli e i loro ovili saranno sugli alti monti d’Israele; esse riposeranno là in buoni ovili e pascoleranno in grassi pascoli sui monti d’Israele. 15 Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare”, dice il Signore, DIO. 16 “Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata, ma distruggerò la grassa e la forte: io le pascerò con giustizia.

17 Quanto a voi, o pecore mie, così dice il Signore, DIO: Ecco, io giudicherò tra pecora e pecora, fra montoni e capri. 18 Vi sembra forse troppo poco il pascolare in questo buon pascolo, al punto che volete calpestare con i piedi ciò che rimane del vostro pascolo? il bere le acque più chiare, al punto che volete intorbidire con i piedi quel che ne resta? 19 Le mie pecore hanno per pascolo quello che i vostri piedi hanno calpestato; devono bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidito!”

20 Perciò, così dice loro il Signore, DIO: “Eccomi, io stesso giudicherò fra la pecora grassa e la pecora magra. 21 Siccome voi avete spinto con il fianco e con la spalla e avete cozzato con le corna tutte le pecore deboli finché non le avete disperse e cacciate fuori, 22 io salverò le mie pecore ed esse non saranno più abbandonate alla rapina; giudicherò tra pecora e pecora. 23 Porrò sopra di esse un solo pastore che le pascolerà: il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore. 24 Io, il SIGNORE, sarò il loro Dio, e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro. Io, il SIGNORE, ho parlato. 25 Stabilirò con esse un patto di pace; farò sparire le bestie selvatiche dal paese; le mie pecore abiteranno al sicuro nel deserto e dormiranno nelle foreste. 26 Farò in modo che esse e i luoghi attorno al mio colle saranno una benedizione; farò scendere la pioggia a suo tempo, e saranno piogge di benedizione. 27 L’albero dei campi darà il suo frutto, e la terra darà i suoi prodotti. Esse staranno al sicuro sul loro suolo e conosceranno che io sono il SIGNORE, quando spezzerò le sbarre del loro giogo e le libererò dalla mano di quelli che le tenevano schiave. 28 Non saranno più preda delle nazioni; le bestie dei campi non le divoreranno più, ma se ne staranno al sicuro, senza che nessuno più le spaventi. 29 Farò crescere per loro una vegetazione rinomata; non saranno più consumate dalla fame nel paese e non subiranno più gli oltraggi delle nazioni. 30 Conosceranno che io, il SIGNORE, loro Dio, sono con loro, e che esse, la casa d’Israele, sono il mio popolo”, dice il Signore, DIO. 31 “Voi, pecore mie, pecore del mio pascolo, siete uomini. Io sono il vostro Dio”, dice il Signore, DIO».



1. A chi si rivolge questo brano di Ezechiele? Chi sono i pastori a cui si rivolge Dio attraverso il profeta con queste parole di giudizio?

Se volessimo applicare questo brano alla nostra realtà di oggi dovremmo dire che esso si rivolge al presidente Draghi, a tutti i ministri e alle ministre del suo governo, ai e alle parlamentari, a tutti i governanti della “cosa pubblica”, fino ai sindaci e ai consiglieri comunali delle nostre città.

Ezechiele sta infatti qui parlando ai capi del popolo d’Israele, ai re e ai governanti di Israele; il discorso è dunque prevalentemente politico. E qual’è l’accusa? “Guai ai pastori d’Israele che non hanno fatto altro che pascere se stessi! Non è forse il gregge quello che i pastori debbono pascere?” (v. 2). L’accusa è quella di usare il posto che occupano, il ruolo che hanno per fare il proprio bene e non quello del gregge, cioè del popolo.

La colpa dei pastori di Israele è vecchia come il mondo, perché è la tentazione e il peccato che cova dentro ciascun essere umano, quella di cercare soltanto il proprio bene anche a discapito del bene degli altri, anzi anche provocando il male degli altri.

Tentazione che è tanto più grande quanto più si ha potere, il che non deve farci dimenticare che questa tentazione è presente anche quando si ha poco potere. Si può abusare del proprio potere anche quando se ne ha poco.

E qui Dio, nelle parole del profeta, dicendo ciò che i pastori del gregge non hanno fatto, descrive in poche parole il suo programma politico: «Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza»

Non hanno fatto ciò che dovevano fare, cioè occuparsi delle pecore più deboli e delle pecore più fragili. Non solo di quelle, ma prima di tutto di quelle, perché se non curi subito la pecora ferita starà sempre più male finché non potrà più camminare, se non vai a cercare quella smarrita, si perderà senz’altro e non tornerà indietro.

E hanno invece fatto ciò che non dovevano fare: «avete dominato su di loro con violenza e con asprezza». Non dovevano dominare sul popolo, dovevano “pascerlo” e «pascerlo con giustizia», come dirà Dio più avanti. E la giustizia, come ci dice tutta la Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, inizia dagli ultimi, da quelli che stanno peggio, da quelli che hanno meno possibilità e meno diritti.

Chi governa il popolo di Dio è tenuto a seguire questo programma politico, altrimenti Dio lo destituisce, gli toglie il potere. Un programma politico che ciascun politico cristiano dovrebbe perseguire.



2. Questo è il primo livello di lettura di questo brano profetico. A noi poi viene naturale applicare ciò che leggiamo qui anche alla chiesa e ai pastori della chiesa, cioè a tutti e tutte coloro che hanno una responsabilità nella chiesa, a partire dai pastori e dalle pastore, fino a tutte quelle persone che danno il loro contributo alla vita della chiesa nei vari organismi e in mille modi.

Guai a me se considerassi questa parola rivolta solo ad altri e non a me stesso. Lo stesso criterio vale ovviamente, e anzi a maggior ragione, nella chiesa: gli ultimi saranno i primi, ma non solo saranno, gli ultimi sono (dovrebbero essere) i primi destinatari di quella che chiamiamo - proprio a partire dalle tante immagini del pastore che troviamo nella Bibbia – cura pastorale.

Questa parola di giudizio è rivolta anche a me, quando dimentico, trascuro o peggio non voglio o non riesco a vedere la pecora ferita o smarrita.

Ma poiché la chiesa è una comunità di uguali, e poiché questa parola interpella tutti e tutte noi, proprio nella chiesa dobbiamo riconoscere che siamo tutti e tutte pecore e pastori e pastore al tempo stesso. Al di là del ruolo ufficiale - che senza implica una maggior responsabilità di chi lo ricopre – tutti noi siamo al tempo stesso pecore e pastori/e di qualcun altro.

Siamo tutti e tutte bisognosi di cura e tutti e tutte responsabili di prenderci cura gli altri; ma dire “gli altri” è troppo generico: diciamo allora che siamo tutti e tutte responsabili di prenderci cura di qualcun altro, di quel fratello, di quella sorella con cui veniamo in dialogo e ci parla dei suoi problemi o di cui veniamo a sapere che sta attraversando un momento difficile.

Tra i compiti del pastore secondo Ezechiele cioè secondo Dio, c’è quello di cercare la pecora smarrita, che può essere quella che non viene al culto, non viene in chiesa per qualche motivo, ma non solo; può anche essere quella che c’è sempre ma che nessuno va mai a cercare.

Tutti noi siamo contenti quando veniamo cercati ed è proprio per questo che questa parola chiama noi tutti – e non solo pastori e pastore – ad andare a cercare.

Non solo i pastori, certo sopratutto i pastori e le pastore, ma non solo, perché nessun pastore sarà perfetto, c’è sempre il rischio di dimenticare qualcuno, di trascurare, di non vedere o di non capire tutte le situazioni. Solo la comunità nel suo insieme può ridurre al minimo questo rischio. La comunità diventa così una sorta di “cura pastorale collettiva”, dove ci si prende cura gli uni degli altri.



3. Nel corso del brano però non c’è soltanto la distinzione tra pecore e pastori, ma a un certo punto anche quella tra pecore grasse e forti e pecore magre e deboli: «io stesso giudicherò fra la pecora grassa e la pecora magra. Siccome voi avete spinto con il fianco e con la spalla e avete cozzato con le corna tutte le pecore deboli finché non le avete disperse e cacciate fuori» (vv. 20-21).

La tentazione del dominio non è solo presente nei pastori, ma anche nelle pecore. Come nel libro “La fattoria degli animali” di Orwell, tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è “più uguale degli altri”.

Dunque la colpa non è mai tutta di chi comanda, dei politici, della casta, come dice un certo pensiero populista, che contrappone in modo ideologico popolo buono e governanti cattivi. No, nel gregge, tra la gente comune, ci sono pecore che spingono via altre pecore dai loro pascoli.

Nessun rapporto umano è esente dalla tentazione del dominio o almeno dell’affermazione di sé a scapito degli altri. Ma Dio giudica le pecore che si ingrassano spingendo via le altre dal pascolo di cui avrebbero diritto, perché Dio pasce le sue pecore con giustizia.

Nella società chi spinge via gli altri va fermato; nella chiesa, se succede, anche; ma soprattutto con il costante ascolto della Parola di Dio come quella di oggi, chiediamo a Dio di aiutarci a fare sì che ciò non accada o accada il meno possibile, perché la sua parola crea comunione, che è l’esatto contrario del dominio.



4. Il culmine del brano di Ezechiele non è però nel giudizio, ma nella promessa: Dio giudica i pastori cattivi, giudica anche le pecore cattive, e poi decide di intervenire lui stesso:

Eccomi! io stesso mi prenderò cura delle mie pecore e andrò in cerca di loro. […] “Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata, ma distruggerò la grassa e la forte: io le pascerò con giustizia (vv. 11.16). Dio farà lui stesso il pastore, e se avete notato, fa esattamente le cose che aveva rimproverato ai pastori di non aver fatto.

Ma poi più avanti dà questo compito al suo servo Davide: … Porrò sopra di esse un solo pastore che le pascolerà: il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore (v. 23)

C’è dunque un aspetto messianico in questo brano, che noi cristiani non possiamo non vedere realizzato in Gesù, il buon pastore di Giovanni 10. Il pastore per eccellenza è lui, e noi siamo tutte pecore.

Forse l’immagine della pecora non ci piace tanto, in genere la pecora ci fa pensare a un animale poco autonomo, quando si dice che qualcuno si comporta come un “pecorone” si vuol dire che segue un capo senza pensare con la propria testa…

Ma nell’immagine biblica credo proprio che prevalga tutta un’altra idea: quella della dipendenza delle pecore dal pastore. E se pensiamo a Gesù è proprio così: noi siamo gregge, perché lui è pastore, e solo se è lui il nostro pastore noi siamo il suo gregge. Altrimenti non siamo nulla.

Lui ci convoca, lui ci raduna, lui ci nutre di fiducia e di speranza, lui ci guida con la sua parola.

Ciò detto verrebbe quasi da proporre di cambiare nome al ministero pastorale…! Il pastore è Uno solo!

Oppure cogliere la sfida e la vocazione che questa parola si porta dietro, sfida e vocazione rivolta non solo ai pastori e alle pastore della chiesa - che sono prima di tutto pecore del gregge dell’unico pastore! - ma rivolta a tutte e tutti noi: il Pastore con la P maiuscola ci affida gli uni/e agli altri/e. Siamo insieme pecore e allo stesso tempo pastori/e gli uni degli altri, pecore affidate alla cura reciproca.

E la promessa è che se l’altra pecora sbaglierà, cadrà, ci trascurerà, il Pastore con la P maiuscola non lo farà. E non smetterà di cercare la perduta, ricondurre la smarrita, fasciare la ferita, rafforzare la malata. E tenere unito il suo gregge, a cui per grazia ha dato anche a noi di fare parte.

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