Ieri si è conclusa la Sinodo 2009.
Si riporta un commento di Paolo Naso.
è più chiara
della politica
Paolo Naso*
Un no secco al pacchetto sicurezza, convinto e motivato sia sul piano giuridico che su quello teologico. E' questo il messaggio più forte lanciato dal Sinodo delle chiese valdesi e metodiste che si conclude oggi a Torre Pellice (To), nel cuore di quelle valli in cui questo antico movimento di riforma religiosa ha trovato rifugio nei secoli delle persecuzioni. Per questa piccola comunità che oggi conta trentamila persone e un centinaio di chiese da Trieste a Palermo, i recenti provvedimenti sull'immigrazione alimentano il pregiudizio e la xenofobia, negano principi costituzionali fondamentali, frenano i processi di integrazione e quindi di coesione sociale di una società sempre più palesemente multietnica, multiculturale e multireligiosa come quella italiana.
Affermazioni che valdesi si ripetono da settimane, ottenendo ben scarso ascolto da parte del mondo della politica e della grande informazione. E forse per questa ragione ieri hanno voluto compiere un gesto irrituale indicendo un digiuno di protesta e di solidarietà. Protesta contro il "pacchetto", solidarietà per le sue vittime designate e cioè quelle migliaia di immigrati che da qualche giorno vivono sul filo sottile della precarietà: chi è irregolare ha più paura e chi non lo è sa bene che può diventarlo da un giorno all'altro, entrando in un tunnel che lo allontana dai servizi sociali, dal lavoro, dalla possibilità di affittare una casa. Un digiuno vissuto nell'ascolto delle cronache degli ultimi anni: dall'assassinio di Jerry Masslo, forse la prima vittima di un'Italia che nel 1989 si credeva ancora un paese di emigrati, a quello di Abdul Guibre, ucciso per un pacco di biscotti. Razzismo, si dirà. Ma come definire gli oltre seimila morti di immigrazione nel Mediterrano? Ai valdesi non basta la ricostruzione tecnica di quello che è successo. Chiedono risposte sulle responsabilità politiche e impegnano la Tavola valdese - il loro organismo esecutivo - a richiedere la revisione delle norme adottate. Insomma la buttano in politica. Ma un attimo dopo, usciti in un corteo solenne e silenzioso dall'aula sinodale, entrano nel vicino tempio. Insieme italiani ed immigrati, giovani e anziani, pastori e laici. C'è anche un vescovo cattolico e non stupisce: l'impegno per gli immigrati costituisce la frontiera avanzata di un ecumenismo che su altri piani - bioetica, ora di religione, laicità dello Stato - si fa più difficile.
E in chiesa risuonano le impegnative parole dell'Antico Testamento ("Avrete la stessa legge tanto per lo straniero quanto per il nativo del paese") e delle scritture apostoliche ("Non c'è più né giudeo né greco né schiavo né libero…"). A volte la Bibbia parla con una chiarezza che la politica non riesce a trovare.
28/08/2009
tratto da: www.liberazione.it
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