Virginia Mariani*
E alla domanda sul se il 19 l’Udi sarà in piazza per manifestare a favore della libertà di stampa [la Federazione nazionle della stampa aveva frattanto deciso di rinviare la mnifestazione stessa al 3 ottobre, in segno di lutto per l’attentato di Kabul contro i militari italiani, ndr] risponde: «La politica è corpo, lo è sempre stata. Sono solo cambiati gli strumenti e le forme, ma il corpo e il potere della politica sono sempre stati incarnati da un solo genere: quello maschile. Per esserci le donne hanno dovuto mimetizzarsi, omologarsi, come anche opporsi. Non intendiamo entrare in un gioco dove l’oggetto del contendere è altro rispetto a noi, anche se passa – come sempre – attraverso il corpo delle donne. Troveremo i nostri modi per dire dove sono le donne, le loro parole, i loro corpi».
Come non condividere queste parole? Sono mesi che, ulteriormente stimolata dall’emozionante esperienza della Staffetta, ma anche per la mia nota deformazione personale, ascolto radio e tv prendendo prontamente nota di ciò che molto naturalmente giornalisti e commentatori proferiscono per riportare notizie e descrivere situazioni. Ed ecco che il sorpasso deciso e vincente è «cattivo» o è stato fatto «con cattiveria»; ecco che i giocatori si producono in «scontri abbastanza maschi» e che per vincere è necessario «aggredire l’altra squadra». A ciò fa prontamente eco il fiero commento di un mio alunno appassionato di auto: «… ci vuole violenza in questo sport». Stiamo parlando di sport, appunto, che nella sua stessa essenza è diporto che contempla l’antagonismo, ma nella gioia dell’amicizia fra persone e fra popoli, che implica la tenacia e la grinta ma mai la forza brutale.
E mentre «i grandi della terra» (convinti loro!) hanno svolto l’incontro in Abruzzo anziché in Sardegna a motivo del terremoto e la Settimana liturgica della Chiesa cattolica proprio qualche settimana fa non si è svolta a L’Aquila ma a Barletta per lo stesso motivo, trovo un po’ di conforto al mio profondo sconcerto nelle incantevoli parole del professore di Estetica della città che nel progettare una «nuova Modena» parla addirittura di «prossimità morale» fra residenti: sarà proprio vero che «la bellezza salverà il mondo?».
Certo è che nel nostro linguaggio c’è il nostro essere e, quindi, la nostra formazione e la nostra cultura. Non viviamo soltanto giorni in cui l’informazione non dice una parola, fra le altre cose, sulla decisione del nostro governo di acquistare circa 130 cacciabombardieri F-35 per svariati miliardi di euro, mentre la scuola per esempio subisce gli ennesimi gravosi tagli di spesa e personale: viviamo i giorni delle parole forti ma non della forza di trovare un significato, viviamo giorni delle belle parole ma non delle parole che esprimono insieme con i gesti la bellezza del servizio. Viviamo giorni nei quali ancor più forti, come donne ma anche come figlie e figli di Dio, dobbiamo annunciare la grazia dell’evangelo e ancor più ribadire che non apparteniamo a questo mondo e a questo modo di essere e fare poiché «Da Sion, perfetta in bellezza, Dio è apparso nel suo fulgore» (Salmi 50, 2). (tratto da Riforma - Eco delle Valli)
* segretaria Fdei
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