Un neonato di 14 giorni senza più un posto dove andare, sballottato nel freddo ha trovato rifugio con sua madre, nella chiesa Valdese con altri 70 rom cacciati dall’ex area industriale Osmatex dell’Osmannoro. Il sindaco di Sesto Gianassi che ha firmato due ordinanze di sgombero scarica la responsabilità sul questore: «Ci hanno chiamato quando le ruspe erano già lì». La polizia sostiene di aver fatto solo un controllo: le ruspe erano della proprietà.
Se lo tiene stretto, Danila, avvolto in un golfino celeste, il suo Printu, nato da 14 giorni nel campo dell’Osmatex sgomberato a Sesto e da venerdì sballottato nel freddo. All’inizio un letto l’aveva trovato dalle suore della Caritas. Lunedì anche Danila si è messa in cammino. «Tutti a Firenze» le hanno detto, in via Micheli padre Pavel ha aperto le porte. Troppo piccolo, indifeso, Printu Diamanta. Troppo spaventata Danila, 18 anni, una cicatrice sulla bocca, che ha trovato una stanza nella foresteria dell’Istituto Gould, in via dei Serragli.
Con loro altre 15 persone, le più fragili, fra cui tre bambini, uno di 22 giorni, uno di tre anni e uno di 12, arrivato in Italia per curarsi un versamento cronico che gli gonfia il ginocchio da sei mesi. Poi donne, uomini e vecchi. Da domenica scorsa 75 di loro sono qui nella chiesa Valdese di via Micheli. Si sono arrangiati in mezzo alle panche, con la testa appoggiata alle colonne.
Con le coperte e i sacchi a pelo che le donne e gli uomini della comunità hanno racimolato per loro. «Possiamo ospitarli fino a venerdì mattina» dice il pastore Pavel Gajewski.
E’ uno dei pochi che ha accettato l’appello di Mercedes Frias (ex parlamentare Rc) e degli attivisti del Gruppo EveryOne, l’organizzazione internazionale per i Diritti Umani che ora sta preparando un esposto contro chi ha ordinato l’allontanamento dal campo. «Da venerdì non smetto di chiamare a destra e a manca. Non immaginate quante volte mi sono sentita rispondere picche. Don Santoro ha trovato coperte e i primi soccorsi dalle Piagge e dalla pubblica assistenza di Scandicci.
A Sesto il parroco ha trovato il posto per alcuni di loro, ma ne sono rimasti tre. Se non ci fossero stati i valdesi, erano ancora a gelare». Una famiglia di tre persone è ospite di Saverio Tommasi. Rifugiati nella sua Cabina Teatrale. Il resto è qui, dai valdesi, che insieme ad avventisti romeni, evangelisti e presbiteriani di Firenze preparano una minestra e un po’ di pollo per i nomadi «cacciati da Sesto». Qui dove ne arrivano altri venti. Dalla stazione. «Non ci stanno tutti» dicono le volontarie, «dovete trovare un altro posto». Un altro posto non c’è.
C’è Lacatusu Vasile in un angolino sulla sua sedia a rotelle. «Le istituzioni non si vedono. Si rimpallano le responsabilità», dice Debora Spini, sorella di Valdo Spini, l’unico ad aver visitato i rom. «Venerdì torneremo al parcheggio, vicino al campo» dice Dragosc. Li aveva aspettati tutta la notte i camionisti sabato. Aspettava che i motori si accendessero. Poi giù, girato di schiena, davanti allo scarico. «Rombavano, facevano caldo».
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