sabato 9 maggio 2020

Predicazione di domenica 10 maggio 2020 su 2 Cronache 5 a cura di Pietro Magliola

1Così fu compiuta tutta l'opera che Salomone fece eseguire per la casa del SIGNORE. Salomone fece portare l'argento, l'oro e tutti gli utensili che Davide suo padre aveva consacrati, e li mise nei tesori della casa di Dio.
2Allora Salomone convocò a Gerusalemme gli anziani d'Israele e tutti i capi delle tribù, cioè i grandi delle famiglie patriarcali dei figli d'Israele, per portare su l'arca del patto del SIGNORE, dalla città di Davide, cioè da Sion.
3Tutti gli uomini d'Israele si radunarono presso il re per la festa che cadeva il settimo mese.
4Arrivati che furono tutti gli anziani d'Israele, i Leviti presero l'arca;5e portarono su l'arca, la tenda di convegno, e tutti gli utensili sacri che erano nella tenda. I sacerdoti e i Leviti eseguirono il trasporto.6Il re Salomone e tutta la comunità d'Israele, convocata presso di lui, si raccolsero davanti all'arca, e sacrificarono pecore e buoi in tal quantità da non potersi contare né calcolare.7 I sacerdoti portarono l'arca del patto del SIGNORE al luogo destinatole, nel santuario della casa, nel luogo santissimo, sotto le ali dei cherubini;8poiché i cherubini avevano le ali spiegate sopra il posto dell'arca, e coprivano dall'alto l'arca e le sue stanghe.9 Le stanghe avevano una tale lunghezza che le loro estremità si vedevano sporgere dall'arca, davanti al santuario, ma non si vedevano dal di fuori. Esse sono rimaste là fino a oggi.10 Nell'arca non c'era altro se non le due tavole di pietra che Mosè vi aveva deposte sull'Oreb, quando il SIGNORE fece il patto con i figli d'Israele, dopo che questi furono usciti dal paese d'Egitto.
11Mentre i sacerdoti uscivano dal luogo santo - poiché tutti i sacerdoti presenti si erano santificati senza osservare l'ordine delle classi,12e tutti i Leviti cantori, Asaf, Eman, Iedutun, i loro figli e i loro fratelli, vestiti di bisso, con cembali, saltèri e cetre stavano in piedi a oriente dell'altare, e con loro centoventi sacerdoti che suonavano la tromba -13mentre, dico, quelli che suonavano la tromba e quelli che cantavano, come un sol uomo, fecero udire all'unisono la voce per lodare e per celebrare il SIGNORE, e alzarono la voce al suono delle trombe, dei cembali e degli altri strumenti musicali, per lodare il SIGNORE «perch'egli è buono, perché la sua bontà dura in eterno!», avvenne che la casa, la casa del SIGNORE, fu riempita di una nuvola.14 I sacerdoti non poterono rimanervi per svolgere il loro servizio a causa della nuvola; poiché la gloria del SIGNORE riempiva la casa di Dio.

 

Salomone ha finalmente portato a compimento la sua opera. Il Tempio, che suo padre Davide aveva desiderato costruire, ma era stato fermato da Dio, è costruito. Il Signore ha dato compimento alla sua promessa. Manca però una cosa, quella fondamentale. Dio non abita ancora il Tempio.
Così com’è, il tempio è soltanto una costruzione di uomini, bella e ricca fin che si vuole, ma comunque un’opera umana.
Tutto il rituale descritto nel testo è in realtà finalizzato alla discesa di Dio (della sua gloria) nel Tempio.
Nel tempio viene trasportata l’arca dell’alleanza, nella quale, secondo la tradizione del cronista, erano conservate le tavole della legge, simbolo del patto tra Dio e Israele. Secondo un’altra tradizione, invece, nell’arca vi erano anche la verga di Aronne e un vaso contenente della manna. Al di là di questi dettagli, quel che importa è che Dio non era contenuto nell’arca. I cherubini dovevano fungere da trono, sul quale Dio si sarebbe seduto.
La processione avanza tra canti di lode. Israele loda il Signore perché è buono, e la sua bontà dura per tutti i secoli. La parola ebraica tradotta con bontà ha in realtà un significato più ampio e più pregnante; vuol significare la fedeltà e il rispetto del patto da parte di uno dei contraenti. E l’unico contraente fedele nel patto tra Dio e Israele (e gli uomini) non può essere che Dio.
Israele dà come per scontato che Dio farà l’ultimo passo necessario affinché il Tempio possa veramente essere la sua casa, e cioè scenderà e prenderà possesso della sua dimora. Quello che Israele, spera, fondandosi sulla promessa divina, lo dà per scontato, come se fosse già avvenuto. Che bell’esempio di fede!
E Dio scende nel Tempio con la sua gloria. La Gloria di Dio è, potremmo dire, ciò che si può vedere di Dio quando questi vuole manifestarsi. Una nuvola, richiamo evidente alla nuvola che guidava e proteggeva Israele durante il suo esodo dall’Egitto.
Dio occupa il Tempio, e non c’è più spazio per l’uomo. I sacerdoti devono uscire. Il Tempio è diventato un luogo santo, cioè separato.
La buona notizia, l’evangelo che ci viene presentato oggi da questo testo vecchio di quasi tremila anni è proprio questa: Dio è un partner sicuro, si può esser certi in anticipo che manterrà le sue promesse, al di là di ogni prestazione umana.
Dio rimane però sovranamente libero, è il Tempio che è vincolato a Dio, Dio non è vincolato al Tempio. Il profeta Ezechiele vedrà la gloria di Dio abbandonare il Tempio, e ciò significherà la caduta di Gerusalemme e il conseguente esilio in Babilonia; ma vedrà anche il ritorno della gloria di Dio nel nuovo Tempio.
Dio non abbandona il suo popolo. Può esercitare, anche in maniera drammatica, il suo giudizio su di lui, ma al giudizio segue e seguirà sempre il perdono. Dio giudica non per condannare definitivamente, ma per ristabilire la sua giustizia. Anche in questo si manifesta il suo amore e la sua bontà (nel senso detto prima).
Sono concetti questi che non ci sono più molto familiari. Abbiamo sistemato Dio comodamente seduto nell’alto dei cieli, il suo giudizio lo abbiamo allontanato ad un giorno indefinito che verrà, sì, ma chissà quando.
La Scrittura ci richiama ad una visione più dinamica del rapporto tra Dio e l’uomo, ci richiama alla nostra responsabilità nel patto. Dio è, lo abbiamo detto, un contraente affidabile, l’uomo invece no. Dio certamente rimane e rimarrà fedele alla sua promessa indipendentemente dalla fedeltà dell’uomo al patto, ma questo agire non gli è indifferente, l’uomo è sempre sotto il giudizio di Dio. Il Tempio non è una garanzia della presenza divina in mezzo a noi. Dio è libero di lasciare che il tempio ritorni ad essere soltanto un edificio splendidamente costruito e riccamente ornato, ma non più la Sua casa.
Certamente per noi cristiani il Tempio ha perduto la pregnanza e il significato che aveva per Israele. Lo stesso Israele continua ad esistere duemila anni dopo la distruzione del tempio. Per noi, come per Israele, Dio è presente nella sua parola, letta, studiata e masticata quotidianamente. Per noi cristiani, tutte le promesse di Dio hanno avuto compimento in Cristo. Ma questa affermazione non è un salvacondotto, un lasciapassare definitivo e buono in ogni circostanza. Chiama in causa quotidianamente la nostra responsabilità. Dio rimane sovranamente libero, libero di mandare sulla chiesa il suo spirito così come di ritirarlo, se lo ritiene opportuno. Potremmo dire che Dio può far sorgere cristiani da ogni pietra, per parafrasare Gesù. Quello che ci viene dato oggi è un messaggio scomodo, ma non per questo ci è lecito metterlo da parte e non tenerne conto.
Questo doveroso richiamo non deve però scoraggiarci. Dio è fedele, il suo figlio si è incarnato in Gesù, prendendo su di sé i nostri carichi, il nostro peccato, per darci la sua giustizia. Far buon uso di questo annuncio di libertà sta, questo sì, in noi.
Amen.

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