Care amiche, cari amici,
in questi anni ho partecipato a questa giornata, a questo cammino diretto al Monte Massaro, a questo incontro collettivo, a questo ricordo sempre intenso ed attuale, aderendo con grande convinzione, da una condizione di detenzione, ad una Storia innegabilmente coinvolgente, appassionante nella sua vibrante capacità di dimostrare che quando si soffocano le libertà culturali, o ne si pretende la censura, si controlla l’esercizio di cittadinanza, si reprimono le idee e la loro legittima circolazione.
Anche quest’anno, da un “luogo diverso”, voglio essere in mezzo a voi, donne e uomini che proponete, mettendovi in gioco, una qualificante presenza, un’energia creativa.
Voi, così diversi da coloro che scelgono il fascino del potere e quello dell’aggressività delle (presunte) verità assolute che limitano e negano le libertà, la giustizia sociale, il rispetto della natura, i diritti civili, l’eguaglianza, l’equità nei rapporti di lavoro.
Ricordare Margherita e Dolcino vuol dire, oggi come ieri, aspirare ad un desiderio che ragiona, che dice no all’univocità del pensiero che pretende un’unica “radice”; vuol dire proporre un’educazione alla convivenza, adoperandosi tenacemente per sviluppare e raggiungere condizioni di effettivo inserimento nella società di chi vive l’emarginazione e l’esclusione e ciò, evidentemente, rifiutando in modo netto la politica che prevede le impronte digitali ai bimbi Rom, l’esasperazione del vocabolo “straniero”, la costruzione di un nemico, la prepotenza dei teorizzatori delle “distinzioni razziali” (gli stessi che hanno paura di quella che loro chiamano “contaminazione della razza”!) ed anche opponendosi alla rassegnazione con cui si accettano la società tecnosorvegliata e militarizzata, l’ineluttabilità del sistema-carcere, la crisi dei vincoli di solidarietà.
Ricordarli vuol dire, a mio avviso, ricercare con grande determinazione le ragioni del nostro tempo e del vivere sociale, aiutati da una leale responsabilità nata dalle scelte e dalla condivisione della conoscenza.
Io, convinto come sono, che è con la capacità di coniugare la memoria nel futuro che l’uomo potrà costruire una società rispettosa dei diritti di tutti, e di tutti i diritti, credo abbia ragione chi afferma che dei diritti umani si fa lo stesso uso di quegli oggetti che per il loro aspetto sono logori, non più alla moda, inutilizzabili nella “buona società”, ...e perciò li si dà ai poveri! Ma i diritti umani non possono essere “resto” dei diritti politici (così scrive Slavoj Zizek), entrambi devono essere tutelati e garantiti, ed allora dobbiamo lavorare affinchè ai primi sia affiancato il diritto alla partecipazione, al lavoro, alla casa, alla progressione dei percorsi integrativi e reintegrativi.
La libertà di coscienza e quella intellettuale, che nel rispetto degli altri rivendichiamo, sono diritto alla scelta, sono condizioni vitali che non possono essere incatenate o sbriciolate da deroghe o deleghe perchè l’individuo si costruisce su quelle, vive libero se le possiede, ha carattere se le difende, è un cittadino se ne fa valore e prerogativa non saltuaria di una comunità che dialoga, che sa accogliere e sviluppare le differenze.
Voglio concludere dicendo che è pure grazie a voi ed alle ragioni che sempre vi portano sotto questo cippo che conosco il valore dell’amicizia, la valenza della reciprocità e della resistenza.
A Tavo, a Bruna, a Maurizio, ai compagni, a voi tutti un fraterno abbraccio.
Un saluto speciale lo voglio però inviare attraverso voi a Graciela, un pensiero speciale lo voglio dedicare a Josè, al suo ricordo: loro, nuovamente vittime della tortura, non lasciamo che la loro identità sia oltraggiata ne da chi presuntuosamente pretende l’invincibilità ne da chi altera memoria e verità storica.
Con grande affetto
Fabio Canavesi
Carcere di Voghera
Settembre 2008
in questi anni ho partecipato a questa giornata, a questo cammino diretto al Monte Massaro, a questo incontro collettivo, a questo ricordo sempre intenso ed attuale, aderendo con grande convinzione, da una condizione di detenzione, ad una Storia innegabilmente coinvolgente, appassionante nella sua vibrante capacità di dimostrare che quando si soffocano le libertà culturali, o ne si pretende la censura, si controlla l’esercizio di cittadinanza, si reprimono le idee e la loro legittima circolazione.
Anche quest’anno, da un “luogo diverso”, voglio essere in mezzo a voi, donne e uomini che proponete, mettendovi in gioco, una qualificante presenza, un’energia creativa.
Voi, così diversi da coloro che scelgono il fascino del potere e quello dell’aggressività delle (presunte) verità assolute che limitano e negano le libertà, la giustizia sociale, il rispetto della natura, i diritti civili, l’eguaglianza, l’equità nei rapporti di lavoro.
Ricordare Margherita e Dolcino vuol dire, oggi come ieri, aspirare ad un desiderio che ragiona, che dice no all’univocità del pensiero che pretende un’unica “radice”; vuol dire proporre un’educazione alla convivenza, adoperandosi tenacemente per sviluppare e raggiungere condizioni di effettivo inserimento nella società di chi vive l’emarginazione e l’esclusione e ciò, evidentemente, rifiutando in modo netto la politica che prevede le impronte digitali ai bimbi Rom, l’esasperazione del vocabolo “straniero”, la costruzione di un nemico, la prepotenza dei teorizzatori delle “distinzioni razziali” (gli stessi che hanno paura di quella che loro chiamano “contaminazione della razza”!) ed anche opponendosi alla rassegnazione con cui si accettano la società tecnosorvegliata e militarizzata, l’ineluttabilità del sistema-carcere, la crisi dei vincoli di solidarietà.
Ricordarli vuol dire, a mio avviso, ricercare con grande determinazione le ragioni del nostro tempo e del vivere sociale, aiutati da una leale responsabilità nata dalle scelte e dalla condivisione della conoscenza.
Io, convinto come sono, che è con la capacità di coniugare la memoria nel futuro che l’uomo potrà costruire una società rispettosa dei diritti di tutti, e di tutti i diritti, credo abbia ragione chi afferma che dei diritti umani si fa lo stesso uso di quegli oggetti che per il loro aspetto sono logori, non più alla moda, inutilizzabili nella “buona società”, ...e perciò li si dà ai poveri! Ma i diritti umani non possono essere “resto” dei diritti politici (così scrive Slavoj Zizek), entrambi devono essere tutelati e garantiti, ed allora dobbiamo lavorare affinchè ai primi sia affiancato il diritto alla partecipazione, al lavoro, alla casa, alla progressione dei percorsi integrativi e reintegrativi.
La libertà di coscienza e quella intellettuale, che nel rispetto degli altri rivendichiamo, sono diritto alla scelta, sono condizioni vitali che non possono essere incatenate o sbriciolate da deroghe o deleghe perchè l’individuo si costruisce su quelle, vive libero se le possiede, ha carattere se le difende, è un cittadino se ne fa valore e prerogativa non saltuaria di una comunità che dialoga, che sa accogliere e sviluppare le differenze.
Voglio concludere dicendo che è pure grazie a voi ed alle ragioni che sempre vi portano sotto questo cippo che conosco il valore dell’amicizia, la valenza della reciprocità e della resistenza.
A Tavo, a Bruna, a Maurizio, ai compagni, a voi tutti un fraterno abbraccio.
Un saluto speciale lo voglio però inviare attraverso voi a Graciela, un pensiero speciale lo voglio dedicare a Josè, al suo ricordo: loro, nuovamente vittime della tortura, non lasciamo che la loro identità sia oltraggiata ne da chi presuntuosamente pretende l’invincibilità ne da chi altera memoria e verità storica.
Con grande affetto
Fabio Canavesi
Carcere di Voghera
Settembre 2008
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