TEOLOGI@INTERNET
122 (13/11/2008)
© 2008 by Teologi@Internet
Forum teologico, a cura di Rosino Gibellini
Editrice Queriniana, Brescia (UE)
UN NERO ALLA CASA BIANCA
di
Rosino Gibellini
La notizia e le immagini si sono fulmineamente diffuse in tutto il mondo al termine dell’election day del 4 novembre: un nero eletto alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Ma il processo è stato lungo.
Quando i Padri Pellegrini sbarcarono sulle sponde del continente americano nel 1620, i neri erano già là. Un anno prima, nel 1619, una fregata olandese aveva sbarcato il primo contingente di venti schiavi in Virginia. La vergognosa tratta degli schiavi avrebbe continuato per circa 250 anni fino al tempo della guerra civile tra stati nordisti abolizionisti e stati sudisti schiavisti. La vittoria degli stati nordisti ha come conseguenza l’abolizione della schiavitù su tutto il territorio degli Stati Uniti nel 1865.
Inizia, da allora, dopo brevi anni di ricostruzione e di collaborazione, sia nel profondo Sud come al Nord, dopo il massiccio esodo dei neri verso le aree metropolitane del Nord, il tempo della ghettizzazione e della emarginazione. Alla lunga notte della schiavitù succedeva il periodo della segregazione razziale (politica, sociale, economica), che in maniera strisciante dura ancora.
Ma con il 1955 inizia una nuova coscienza nella comunità nera ed un periodo di lotta, che ha avuto le sue espressioni salienti nel movimento per i diritti civili e, successivamente, nel movimento di Potere nero. Il movimento per i diritti civili (Civil Rights Movement) nasce nel 1955 sotto la guida di Martin Luther King Jr. e lotta per la integrazione dei neri nella società dei bianchi. Ma, a partire dal 1966, un’altra linea strategica va delineandosi: è la linea di Potere nero (Black Power), che lotta non più secondo la strategia dell’integrazionismo, ma in termini di conquista di potere reale ed effettivo a tutti i livelli per la comunità nera; è una strategia di contrapposizione anziché di integrazione.
In questo contesto di nuova presa di coscienza dell’identità nera nasce negli USA la teologia nera, anche se le prime origini devono essere fatte risalire storicamente alla seconda metà del XVIII secolo, e agli inizi del XIX secolo, quando si costituì la chiesa nera, separata ed indipendente dalla chiesa bianca.
La teologia nera (black theology) non è la teologia africana, bensì la teologia della gente nera che vive in situazione di emarginazione e di dipendenza in una società razzista bianca, ed è una realtà delle chiese della comunità nera negli Stati Uniti d’America. L’interprete più importante è il teologo James Cone, autore di Una teologia nera della liberazione del 1970 (Claudiana, Torino 1973); e successivamente Il Dio degli oppressi del 1975 (Queriniana, Brescia 1978), nei quali denuncia il razzismo come l’eresia dei nostri tempi. Egli scriveva: «La questione razziale è per il nostro tempo quello che la controversia ariana fu per il quarto secolo. Atanasio si rese perfettamente conto che tollerando il punto di vista di Ario il cristianesimo era perduto. Pochi uomini di chiesa bianchi, però, si sono chiesti se il razzismo fosse un rinnegamento di Cristo analogo a quello».
La teologia nera è stata un fenomeno molto vivo e vasto nella cultura e nella teologia degli Anni Sessanta e Settanta, e rimane un capitolo importante della teologia contemporanea: essa ha contribuito, in connessione ad altre istanze culturali e sociali, al formarsi dell’identità nera, non solo negli USA, ma anche in Sudafrica, negli Afro-caraibici e negli Afro-brasiliani; e insieme, ha favorito, anzi quasi imposto, il riconoscimento della dignità dei neri da parte dei bianchi. Le lotte dei neri (parola che ha sostituito “negro”) ci hanno fatto scoprire «quella essenza dolce che è la dignità umana», come si esprime il teologo e filosofo nero Cornel West in La razza conta (Boston 1993; trad. it., Feltrinelli, Milano 1995, con prefazione di Gianni Riotta).
Io ricordo ancora con grande piacere i due mesi, intensi di incontri, trascorsi nel 1977 al Gammon Theological Center sul campus nero dell’università di Atlanta (USA), dove ho potuto familiarizzarmi con l’intera biblioteca dei Black Studies e della Black Theology, per realizzare un libro di presentazione di questo interessante capitolo della cultura (e delle lotte) degli Afro-americani, pubblicato nel 1978 nella collana “Giornale di teologia” della Queriniana, con il titolo Teologia nera, di cui si può trovare una sintesi aggiornata in La teologia del XX secolo (Queriniana, Brescia 1992, 20076).
Dalle immagini teletrasmesse dal Grant Park, sulle rive del lago Michigan, di Chicago, dove si è celebrata la vittoria del neoeletto presidente nero Barack Obama, era facile individuare la faccia rigata da lacrime di gioia (e finita sui giornali, anche in Italia sul Corriere) del pastore battista Jesse Jackson, che aveva raccolto l’eredità spirituale di Martin Luther King, e che meno di vent’anni fa fu candidato (perdente) nelle primarie del partito democratico alla presidenza degli USA. Con questa elezione si realizza – certo, almeno in parte, e simbolicamente – il sogno del discorso di Washington del 1963 di Martin Luther King – tra i più grandi americani del XX secolo –: «Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per la qualità del loro carattere».
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