Libertà di cura è anche libertà di rifiutare la cura
Il parere di Luca Savarino,
coordinatore della Commissione bioetica della Tavola valdese
Roma (NEV), 19 novembre 2008 - "La sentenza che autorizza a sospendere il trattamento di alimentazione e idratazione che tiene in vita Eluana Englaro non può che essere accolta con sollievo, ma senza alcun trionfalismo. Si deve esprimere innanzitutto solidarietà umana e cristiana nei confronti della famiglia Englaro, coinvolta in una scelta tragica", sono le parole di Luca Savarino, coordinatore della "Commissione della Tavola valdese per i problemi etici posti dalla scienza" (Commissione bioetica), a seguito della decisione della Corte di Cassazione sul caso Englaro dello scorso 13 novembre. All'Agenzia stampa NEV ha rilasciato la seguente dichiarazione:
"Si conclude una vicenda dai tratti paradossali: è paradossale che ad esprimere dubbi sulla possibilità di ricostruire adeguatamente la volontà di Eluana siano proprio coloro che si dicono contrari all’approvazione di una legge sul testamento biologico. E’ paradossale che a ricordare il fatto che Eluana andrà incontro a una morte atroce, la cui atrocità potrebbe essere alleviata, siano proprio coloro che si dicono contrari a un dibattito serio ed approfondito sull’eutanasia. Ritengo doveroso ribadire la posizione, mia personale e della Commissione bioetica della Tavola valdese, a sostegno della libertà di cura, che è sempre e contestualmente libertà di rifiutare la cura. La libertà individuale non va guardata con sospetto, non va identificata con l'arbitrio, va esercitata e rispettata. La mia speranza è che questa sentenza pungoli le coscienze e solleciti l’approvazione, da parte del Parlamento italiano, di una legge sulle direttive anticipate di fine vita".
Il Sinodo delle chiese metodiste e valdesi, massimo organo decisionale della piccola minoranza cristiana italiana, nell'agosto del 2007 aveva votato all’unanimità un ordine del giorno presentato dalla Commissione bioetica a favore di una legge sulle direttive anticipate di fine vita, meglio conosciute come “testamento biologico”. I 180 delegati, pastori e laici, hanno ritenuto che sia “principio di civiltà dare voce, attraverso una legge, alle scelte del malato compiute con coscienza e volontà e in previsione di una futura incapacità nell’esprimere validamente il suo pensiero”.
(Per approfondimenti vedi http://www.chiesavaldese.org/pages/attivita/bioetica.php).Fonti: Nev
www.fedevangelica.it
www.chiesavaldese.org
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