mercoledì 29 ottobre 2008

BRUNO CORSANI DOTTORE DELLA CHIESA


Il coraggio di essere vivi fino alla morte – 
Bruno Corsani 1924-2008
di Gianni Genre


Il suo incedere particolare, con un passo deciso ma mai affrettato, accompagnato dal tintinnio del suo famoso mazzo di chiavi, lo rendeva riconoscibile in qualsiasi momento della giornata: all’inizio delle innumerevoli lezioni in cui ha insegnato a molte generazioni di studenti a chinarsi sul testo biblico o nei (rari) momenti di tempo libero in cui sbrigava le faccende domestiche o andava alla ricerca di un nuovo libro.
Bruno Corsani aveva il portamento elegante, direi signorile, di certi uomini meridionali (era nato e cresciuto a Napoli!) che si distinguono dalla massa anche senza parlare; anzi la discrezione, il tatto lieve con cui trattava tutto e tutti – dando ad esempio del lei anche agli studenti – non è mai venuta meno.
Vi era in lui, nell’insegnamento come nelle quotidiane conversazioni e nella predicazione, una sorta di "pudore evangelico" che ha caratterizzato tutta la sua testimonianza, ovvero tutta la sua esistenza. Credeva fermamente che la parola evangelica potesse essere comunicata in questo modo piano, tranquillo, perchè si sarebbe – essa stessa – fatta strada nel cuore di chi ascoltava: pur essendo uomo di studio e quindi di parole, credeva nella forza della Parola più che nella capacità di convincimento delle parole.
Una persona mite, nel senso evangelico del termine, che sapeva ascoltare – e per questo sapeva comprendere. Un uomo mansueto che aveva l’umiltà e la speranza necessarie per affidare a Dio la propria sorte e la sorte del mondo e quindi non accettava di rassegnarsi al carattere definitivo del male.

Questo dottore della chiesa, che ha reso uno straordinario servizio ai due rami della nostra chiesa (insegnò anche alla facoltà Evangelica di Buenos Aires all’inizio degli anni ’50) non è stato soltanto un esegeta appassionato del testo biblico. Nella tensione propria di quella modernità che agitava il periodo successivo alla seconda guerra mondiale, (e che aveva respirato nelle aule della Facoltà di Lettere a Torino e poi alle Facoltà di teologia a Roma, ad Edimburgo e a Basilea) univa il rigore esegetico al lavoro ermeneutico. Senza mai forzare il testo, ma andando da una parola biblica all’altra, manteneva il suo pensiero in movimento senza sottrarsi però ad esprimere una convinzione di fondo o un’opzione che poteva essere del tutto minoritaria; non strumentalizzava mai il testo (e ci metteva continuamente in guardia dal facile pericolo di farlo) ma non esitava ad esprimere una scelta di campo nel faticoso ma appassionante lavoro di scavo e di approfondimento delle parole bibliche.

Bruno Corsani, esegeta ed interprete, era un cristiano ed un riformato gioioso e consapevole: sapeva cioè che il suo rapporto con la persona e la figura di Gesù, cui ha dedicato tutta la sua vita, era mediato dai testi canonici, essi stessi carichi di interpretazioni e tradizioni interpretative che fanno parte dell’eredità di ognuno di noi e nutrono le nostre convinzioni più profonde.

Era profondamente legato, anche attraverso la genealogia della sua famiglia e della famiglia della sua sposa Mirella Comba, alle nostre chiese ed all’evangelismo italiano. Univa, nel suo ministero, lo scrupolo e la serietà accademica alla piena aderenza e disponibilità nei confronti delle persone nella vita della nostre chiese, modulando il suo sapere a seconda dell’interlocutore.
Dopo la laurea in lettere classiche a Torino e lo studio della teologia a Roma, Edimburgo e Basilea, e dopo un primo periodo di insegnamento a Buenos Aires, fu pastore a Torino, con la cura particolare di Corso Oddone e, poi , fino al 1994, successore di Giovanni Miegge e titolare della cattedra di Nuovo Testamento alla nostra Facoltà. Dottore honoris causa a Basilea nel 1994.
Ricchissima la sua bibliografia, con un’attenzione particolare ai vangeli sinottici, alla Lettera ai Galati, alla Seconda ai Corinzi, all’Apocalisse.

Dalla sua sposa, che lo ha accompagnato in tutto il ministero e con particolare premura negli ultimi anni, ha avuto tre figli: Paolo, Ezio e Valerio. Tutti – ed è un privilegio - lo hanno accompagnato e sono stati da lui accompagnati nell’affrontare il congedo.

Il titolo di queste poche righe di memoria e di riconoscenza è preso in prestito da un altro grande pensatore protestante scomparso tre anni fa.
Sono stato rimandato alla breve testimonianza di Paul Ricoeur quando ho incontrato il prof. Corsani durante quest’ultimo periodo sinodale. Era in ospedale, stremato, eppure assolutamente interessato a seguire ciò che si stava discutendo in Sinodo: mi è parso allora di comprendere ciò che Ricoeur dice nei frammenti sulla morte che sono stati raccolti dai suoi ultimi manoscritti sotto il titolo "Vivo fine alla morte". Quella gaiezza di cui parla che, nella dimensione della grazia, oscilla fra la lotta o l’appetito per vivere e la grazia dell’incuranza. La gioia di vivere fino alla morte, pienamente interessati a ciò che accade intorno a noi e mai assillati dai pensieri che si concentrano sulla nostra piccola esistenza personale: questo ci ha testimoniato il nostro fratello maggiore anche negli ultimi, dolorosi, tempi della sua esistenza. Non è forse questo un modo pudico ma concretissimo per declinare il tema della grazia così caro a Corsani, tanto da avergli fatto dedicare il suo commento più importante propria alla Lettera ai Galati, annunzio della libertà che scaturisce dalla Grazia di Dio?

Concludo con due brevi pensieri che contengono la consapevolezza del congedo prima di essere accolti nella memoria di Dio che è perdono e prossimità ritrovata.
Il primo è ancora tratto dai manoscritti di Ricoeur ma sappiamo abitava saldamente il cuore di Bruno Corsani; si tratta di un foglietto scritto dal filosofo ad un’amica poche settimane prima della morte: "Cara Marie, proprio nell’ora del declino si innalza il termine resurrezione. Al di là degli episodi miracolosi. Dal fondo della vita, sorge una potenza, che dice che l’essere è essere contro la morte. Credetelo con me".
Il migliore modo per raccogliere l’eredità spirituale e per dire la nostra gratitudine al Signore per ciò che abbiamo ricevuto da questo dotto ed umile fratello, dal pastore e professore Bruno Corsani, non è forse credere anche noi, insieme a lui, in questa potenza di resurrezione che sorge dal fondo della vita ed è più forte della morte?

Il secondo è un breve testo biblico, poco conosciuto, che Corsani riporta come ultima parola per una sua dispensa ciclostilata su passi scelti del vangelo di Luca. Dopo un attento studio sul tema della preghiera (partendo dall’episodio della vedova e del giudice iniquo, Luca 18:1-8), Corsani chiude la dispensa riportando un passo dell’Ecclesiastico: "Iddio accoglie colui che lo serve, e la preghiera di lui arriva fino alle nubi" (Ecclesiastico 35, 20).
Ma abbiamo forse bisogno di sapere altro?

28 ottobre 2008



tratto dal sito internet: www.chiesavaldese.org
in data: 
mercoledì, 29 ottobre 2008, ore 07.15.




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