L’appuntamento annuale nel Biellese legato al martirio di Dolcino e Margherita ha permesso di rinnovare la memoria degli eretici arsi sul rogo nel lontano 1307 e ci ricorda quanto cammino si sia fatto e si stia ancora facendo per affermare concretamente pluralità e parità anche in Italia.
Massimiliano Zegna
GIUNTI al 701° anniversario del martirio di Dolcino e Margherita, vi è stato ancora il 14 settembre scorso (all’alpe Margosio dell’oasi Zegna, vicino a Trivero in Provincia di Biella) un nutrito drappello di persone che, sfidando l’inclemenza del tempo, ha voluto rendere omaggio agli eretici arsi sul rogo nel 1307.
Prima dell’assemblea del Centro Studi dolciniani coordinato da Tavo Burat, vi è stato il culto valdese presieduto dalla pastora Francesca Cozzi, la quale ha voluto commentare due passi del Nuovo Testamento (Efesini 4, 1-6 e Matteo 15, 21-28) apparentemente estranei alla manifestazione che si stava svolgendo durante una giornata fredda e nebbiosa.
La lettera agli Efesini parla dell’unità della fede: «V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti». Il brano tratto dall’Evangelo di Matteo è il famoso racconto della donna cananea che ricorda che anche i cagnolini mangiano delle briciole buttate dalla tavola dei loro padroni. «A prima vista questo testo – commenta Francesca Cozzi – sembra l’affermazione di una dottrina monolitica, forte» ma il testo di Efesini proprio dove sembra essere più difficile e chiuso si apre: «un dio unico, padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti, in tutti».
«Quando ci sembrava – ha continuato Francesca Cozzi – di entrare nella via obbligata di un monoteismo che esclude la pluralità e la differenza, per quattro volte ci viene detto che tutti sono compresi, tutti sono partecipi e coinvolti, tutti sono figlie e figli di Dio, protetti e amati da Dio, questo Dio che sta in mezzo a tutte e a tutti gli altri e noi. Qui la lettera agli Efesini incontra il racconto di Gesù e della donna cananea: una donna pagana, di quella religione che tutta la Bibbia combatte, da Abramo ai profeti!».
Nessuno è più lontano da Gesù di questa donna cananea, pagana e maledetta, oltre che donna, e quindi impura e contaminante secondo la legge di Dio. Ma questa donna esclusa fa la più umile e toccante confessione di fede: «anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». E Gesù cambia atteggiamento: riconosce la sua grande fede (grande perché umile) e le risponde: «grande è la tua fede, ti sia fatto come vuoi».
Una speranza tenace, quella della donna cananea e la sua apertura, la sua non paura del rifiuto e dell’ostracismo mette in moto un cambiamento dietro l’altro. Gesù riconosce che fra la donna e Dio esisteva già una relazione: con la sua guarigione accetta la fede che gli viene da una madre appartenente a un popolo pagano, impura come cananea e come donna. Si restituisce in questo modo piena libertà e pari diritti agli apostoli e alla donna, fino ad allora divisi da ingiusti pregiudizi. La donna, impura due – volte perché pagana e perché donna – riacquista una identità rispettata nella compassione della fede. La libertà della fede dei credenti prelude allo spirito di laicità che, lungi da un debole relativismo, è forte dell’accettazione di Dio e della sua scelta di amore: Dio è Padre di tutti, su tutti, per tutti e in tutti.
dal settimanale: RIFORMA
Anno XVI - numero 38 - 3 ottobre 2008,
p. 9;
sul sito internet: www.riforma.it
- consultato venerdì, 3 ottobre 2008, ore 20,45 - .
Nessun commento:
Posta un commento