venerdì 10 ottobre 2008

Chi paga la crisi economica?

Il profitto economico azzera ogni riserva morale, gli speculatori finanziari s’ingrassano, la politica dei tagli punisce i servizi pubblici ma non i megastipendi

Marco Mazzoli

Ai tempi del «capitalismo dal volto umano», negli Anni Sessanta, un top manager di una grande impresa americana poteva guadagnare fino a 20 volte lo stipendio di un operaio, il welfare state garantiva sanità quasi gratuita per tutti e l’accesso all’istruzione universitaria era garantito (coma anche in tutti i Paesi occidentali) anche per i ragazzi provenienti da famiglie povere. Un lavoratore, sia pure con vari sacrifici, poteva acquistare una casa di proprietà... Alla vigilia dell’attuale crisi finanziaria, un top manager di una grande banca d’affari o di una grande società finanziaria (anche una di quelle salvate dall’intervento pubblico) poteva arrivare a guadagnare anche 300 volte lo stipendio di un operaio statunitense. Nel frattempo, il welfare state è stato pesantemente ridotto, la sanità statunitense interamente privatizzata, e, secondo il parere di molti ideologi dell’ultra-liberismo da osteria nostrano, la nostra sanità pubblica avrebbe dovuto seguire lo stesso destino. Tutto questo prima della crisi finanziaria internazionale. Già... la crisi finanziaria. La sua gravità è data dal fatto che si è manifestata in una fase già di per sé difficile per l’economia dei Paesi occidentali, a causa delle forti tensioni politiche internazionali, dell’alto costo delle fonti di energia e del petrolio e a causa del fatto che i confini e le dimensioni del rischio sono, a tutt’oggi, ignote agli operatori: nessuno sa infatti esattamente quale sia l’ammontare complessivo dei mutui e dei titoli fasulli attualmente in circolazione, né si conosce esattamente quali, tra le grandi banche, assicurazioni e istituzioni finanziarie maggiormente esposte al rischio. Tutto questo genera una drammatica situazione di forte incertezza: le banche non osano prestare, gli investitori non osano investire e le drastiche e salutari immissioni di moneta sui mercati (effettuate dalla Federal Reserve e dalla Bce) per scongiurare il tracollo del sistema, pur riuscendo, per il momento, ad arginare parzialmente la crisi, generano un aumento solo limitato di circolazione della liquidità, che tende invece ad essere trattenuta e tesaurizzata da operatori finanziari spaventati. Continua

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